Tecnologia aerospaziale per studiare la fusione dei ghiacciai
Roma, 8 ott. - (AdnKronos) - I ghiacciai sono una risorsa preziosa e sensibile: secondo il “Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani” realizzato dai ricercatori dell'Università degli Studi di Milano, negli ultimi 50 anni il numero dei ghiacciai italiani è aumentato, passando da 824 a 896, ma la superficie complessiva si è ridotta di oltre un terzo. Per spiegare i meccanismi che negli ultimi anni stanno accelerando i processi di fusione e quindi la riduzione areale e volumetrica del “cuore freddo” delle nostre montagne, un contributo arriva dalla tecnologia aerospaziale. Le più innovative tecniche e attrezzature di rilevamento aereo, l'ausilio di un satellite della Nasa e una stazione meteorologica scientificamente avanzata al servizio della ricerca glaciologica: è il progetto “Levissima Spedizione Ghiacciai” in collaborazione con l'Università di Milano per studiare la fusione dei ghiacciai nell'Alta Valtellina. Obiettivo, acquisire immagini ad altissima risoluzione per studiare i cambiamenti dei ghiacciai italiani e i processi che ne determinano la fusione. Il nuovo progetto, ideato dai ricercatori dell'Università di Milano e realizzato anche grazie al contributo tecnologico dell'associazione EvK2Cnr, è partito sul Ghiacciaio Dosdé Orientale, nel gruppo Piazzi. Ma perché i ghiacciai italiani stanno fondendo? Negli ultimi anni i ghiacciai sono sempre meno bianchi e candidi, anche a causa di sabbie (in qualche caso provenienti addirittura dal Sahara) e polveri conseguenti a incendi boschivi, disgregazione delle rocce e fumi di combustione dei motori diesel. E' il cosiddetto "black carbon" (scientificamente, l'aerosol prodotto dall'incompleta combustione delle biomasse) ovvero polvere e fuliggine che rendono meno bianchi e riflettenti neve e ghiaccio, incrementando così la radiazione solare assorbita e quindi la fusione. Una delle sfide della ricerca scientifica in questo campo è quella di verificare il cambiamento della “pelle” del ghiacciaio e del suo colore e studiare l'influenza di questo fenomeno sulla sua “salute”, ovvero sulla fusione e la quantità di acqua che viene rilasciata. Per studiare questi fenomeni, il progetto “Levissima Spedizione Ghiacciai” si avvarrà delle tecnologie più sofisticate prese in prestito dalla Nasa e di una stazione meteorologica all'avanguardia. Tutte le informazioni che arriveranno dai satelliti e le immagini ad alta risoluzione e su diverse bande spettrali rilevate verranno integrate in un modello sviluppato dai ricercatori che permette di descrivere in poco tempo le condizioni superficiali di un intero ghiacciaio e non più di singole porzioni come quelle rilevabili con fotografie da terra. “Questo importante progetto di ricerca mira a descrivere ad alta risoluzione l'evoluzione temporale della superficie glaciale e gli effetti sulla riflettività (o albedo) e sulla fusione. Per fare questo le ricerche partono in un sito campione rappresentativo per le alpi lombarde: il Dosdé est – afferma Claudio Smiraglia a capo del team di ricerca – L'obiettivo è produrre un metodo applicabile a tutti i ghiacciai italiani che partendo dai dati superficiali permetta di calcolare con accuratezza la fusione”. Oggetto della prima fase di questa spedizione è lo studio della superficie dei giganti bianchi alpini. Infatti l' incrementata fusione glaciale di questi anni è conseguenza dell'aumento del detrito superficiale che, se sparso e diffuso, aumenta l'intensità della fusione, mentre se si accumula in spessori superiori ai 5 cm diviene una "coperta" che la natura sta utilizzando per aumentare il tempo di sopravvivenza dei ghiacciai. L'Università degli Studi di Milano ha sviluppato un innovativo protocollo di lavoro per rilevare polveri e sabbie sulla superficie dei ghiacciai che ne modificano il candore e ne accentuano la fusione. I primi esperimenti svolti nel corso dell'estate 2014, grazie anche al passaggio di un satellite della Nasa e all'utilizzo di uno speciale drone hanno portato a risultati molto incoraggianti. Per meglio analizzare le immagini satellitari e quelle rilevate dall'alto con il drone i ricercatori hanno collocato temporaneamente sui ghiacciai uno speciale telo blu in materiale atossico che, steso su una superficie di qualche centinaio di metri quadri, rende meglio riconoscibile l'immagine e permette la corretta localizzazione degli elementi in essa presenti.