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A San Valentino meglio regalare fiori certificati, belli e sostenibili

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Roma, 6 feb. - (AdnKronos) - Garofani bianchi simbolo di fedeltà, tulipani gialli di un amore disperato; le più classiche rose rosse sinonimo di passione e se sono arancioni significano seduzione. A San Valentino i fiori sono sicuramente il regalo che va per la maggiore, ma dietro un colorato bouquet può nascondersi una storia di ingiustizia e di ambiente sfruttato. L'Europa, infatti, importa la maggior parte dei fiori recisi da Africa e America Latina, dove nell'ultimo decennio sono state delocalizzate le produzioni per abbattere i costi ma in cui non sempre la produzione è attenta ai diritti dei lavoratori e alla tutela ambientale. In queste realtà, spesso i lavoratori sono esposti a pesticidi e fertilizzanti chimici utilizzati per aumentare la resa delle piante, con metodi di coltura che talvolta producono gravi danni all'ambiente e alle risorse idriche. La maggior parte delle rose commercializzate in Italia giunge dal Kenya, dove la coltivazione intensiva di fiori ha spesso gravi implicazioni sulle persone e sull'ambiente. E' però possibile acquistare fiori sostenibili scegliendo quelli certificati Fairtrade, che attraverso i propri standard internazionali tutela i coltivatori, favorisce l'inserimento lavorativo delle donne e prevede controlli stringenti sull'uso di sostanze chimiche e nella gestione di acqua e rifiuti. Ad oggi i lavoratori impiegati nelle piantagioni di fiori certificati Fairtrade sono circa 37.500, la metà dei quali sono donne. Oltre ad essere garantiti da Standard internazionali di lavoro, nelle organizzazioni di produttori Fairtrade i coltivatori ricevono un margine di guadagno aggiuntivo, il Fairtrade premium, per avviare progetti di emancipazione sociale e di sviluppo delle comunità. Come presso Karen Roses (Kenya), da dove arriva la maggior parte delle rose Fairtrade vendute in Italia. Un'importante tutela, dunque, in un settore che in alcuni Paesi non sempre segue regole certe. Secondo una ricerca dell'International Labour Organization il 20% dei lavoratori delle piantagioni ecuadoriane sono bambini; delle circa 400 compagnie attive nella floricoltura in Ecuador solo tre possono vantare l'esistenza di un sindacato interno e secondo le rilevazioni Usleap, durante l'alta stagione gli operai arrivano a lavorare 14 o 15 ore al giorno. E per quanto riguarda l'ambiente? Per rendere un terreno adatto alla floricoltura è necessario regolarne il Ph, applicando fertilizzanti e disinfestanti. Quando gli agenti utilizzati sono di provenienza chimica c'è il rischio che, col passare del tempo, questi causino la "salinizzazione" del suolo, rendendolo inadatto all'agricoltura. L'inquinamento dell'aria avviene sia a causa dei processi di fumigazione sia per la combustione dei residui di produzione, che liberano gli elementi chimici utilizzati nella produzione. La contaminazione, in particolare dell'acqua, si riflette sulla salute degli abitanti delle comunità locali e in frequenti infermità e malattie che si sono sviluppate soprattutto nelle ultime decadi. Infine, le grandi quantità d'acqua di cui la floricoltura necessita spesso sono utilizzate a discapito delle comunità e dei centri abitati.

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