'Le petit champagne' abruzzese doc Montonico salvato dall'estinzione
Roma, 28 ago. - (Adnkronos) - Quando tra il 1798 e il 1799 le truppe napoleoniche entrarono in Italia, in Abruzzo i francesi si imbatterono nella coltivazione di un vitigno autoctono della zona dell'entroterra teramano, il 'montonico'. Trovarono il suo vino così fresco, armonico e profumato da ribattezzarlo "le petit champagne" e da chiederne forniture per i vari distaccamenti nella regione. Il montonico ebbe così il suo momento di gloria destinato a tramontare con la Seconda guerra mondiale, quando fu quasi completamente distrutto dalla fillossera, ma anche dalla moda dei vitigni internazionali, più facili da coltivare e meno problematici dell'autoctono montonico. Sembrava esere la fine per il 'piccolo champagne abruzzese', la cui coltivazione si ridusse a poche piante rimaste un po' per caso negli orti e nei terreni dei contadini di Bisenti e Cermignano. Almeno fino a quando un gruppo di quattro imprenditori non si è messo in testa di recuperare il vitigno per produrre l'Abruzzo Doc Montonico. Un'impresa non da poco, visto che "ne rimanevano pochissime piante e mischiate con altri vitigni, quindi abbiamo dovuto procedere con un lavoro di recupero della purezza del montonico", spiega all'Adnkronos Elisabetta Di Berardino, socia dell'azienda agricola La Quercia. "Ma il problema più grave -aggiunge- era che oltre alla quantità, era scarsa anche la qualità di quel poco montonico ancora prodotto, affidato non a professionisti ma a singoli che magari avevano due o tre piante nell'orto e si dedicavano alla produzione del vino a tempo perso, facendo più danni che altro, soprattutto per un vitgno raro che non si conosce e non ha termini di paragone per capire se è il produttore che non ha fatto un buon lavoro o se la colpa è del vitigno". Primo passo per salvare il Montonico dall'estinzione, andare casa per casa a chiedere le marze (o gemme) della vite da innestare, scontrandosi con la ritrosia dei locali, "abbiamo fatto un lavoro anche a livello sociale, intessendo relazioni", spiega Di Berardino. Ottenute le gemme, si è reimpiantato il vigneto e si è proceduto con la selezione dei grappoli e le prove di vinificazione, di appassimento e di spumantizzazione "per assicurarci che valesse davvero la pena di recuperare il vitigno". Prova superata, così la prima annata di vino montonico fermo è uscita nel 2006, poi è stato sperimentato il metodo champenoise, il primo uscito questa primavera con annata 2010, e i risultati, assicura la Di Berardino, sono eccezionali e fanno onore al soprannome che i francesci avevano attribuito al montonico. Un lungo lavoro grazie al quale, praticamente da niente, oggi in totale si producono circa 300 quintali di montonico l'anno (70 quintali li roduce l'azienda agricola La Quercia), "è davvero poco, siamo ancora all'inizio e c'è tanto da fare, ma qualcosa inizia a muoversi". Un lavoro grazie al quale si tutela anche un pezzo della storia vitivinicola locale, la cui storia risale almeno ai tempi dei Romani: dal libro onciario del 1615 si rileva che la coltivazione del "montonico" era floridissima. Il vino montonico sarà uno dei protagonisti, a Borgonovo, del Valtidone Wine Fest, la rassegna del vino piacentino il cui primo appuntamento, il 31 agosto e il 1 settembre, animerà poi la vallata della provincia di Piacenza per tutto il mese facendo tappa a Ziano (8 settembre), Nibbiano (15 settembre) e Pianello (22 settembre).