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Pif, dal Testimone al cinema (di nuovo): "Faccio un altro film, ma senza pippe mentali"

Giulio Bucchi
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Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, è tante cose: un autore, un conduttore, uno scrittore, un volto da spot, un regista che affronta temi difficili con sufficiente leggerezza. Si è formato a Italia 1 firmando il programma Candid Camera Show, poi è entrato nel gruppo de Le Iene. Ha ideato il format Il Testimone per Mtv, infine ha deciso di darsi al cinema, girando La mafia uccide solo d'estate, uno dei titoli più interessanti della scorsa stagione, premiato con il David di Donatello. Ha furbescamente battuto il ferro caldo con un secondo film, Pif? No, ha cambiato ancora maschera diventando un reporter parecchio sui generis al pre-Festival di Sanremo 2014. Risultato: il suo Sanremo&Sanromolo è stato uno dei pochi momenti convincenti nell'agghiacciante edizione Fazio/Littizzetto. Venerdì Piefrancesco, classe 1972, nato a Palermo sotto il segno dei Gemelli, fidanzato con Giulia Innocenzi, è stato il primo ospite Doc del Festival di Giffoni che ha aperto il sipario con la proiezione del nuovo film Disney Planes 2 - Missione antincendio e che si concluderà il 27 luglio ospitando, tra gli altri, Richard Gere. Pif si è immerso tra i giurati under 18 di questo appuntamento speciale del quale Francois Truffaut disse: «Di tutti i festival del cinema, quello di Giffoni è il più necessario». Abbiamo intercettato l'ex Iena. Pif, ha in vista un nuovo film da regista? «Ci ho pensato a lungo e a fine mese comincio a metterci le mani sopra. Ma sarà dura. Devo sforzarmi di essere immediato come al debutto. Non vorrei farmi troppe pippe mentali». Perché il secondo film è sempre una roulette russa se quello del debutto ha sfondato? «Quando fai un'opera prima che va bene, il secondo film è automaticamente più difficile. Ma non devo lamentarmi: la scorsa settimana La mafia uccide solo d'estate è stata proiettata a Londra e ha fatto il sold-out. Là, ormai, mi chiamano Paif, all'inglese, non Pif». Perché ha girato gli spot per Tim? Non sono distanti dal suo personaggio? «No. Questi spot mi aiuteranno a concretizzare un vecchio sogno». Ovvero? «Da anni cerco di aprire un museo dedicato agli eroi dell'antimafia. È un progetto che inseguo da tempo e Tim mi darà una mano. Se non ricordiamo con un luogo dedicato come è un museo quelli che sono stati gli eroi dell'antimafia, rischiamo di ricadere sempre nello stesso errore: dimenticare gli orrori. Mi riferisco agli omicidi di Falcone, Borsellino, La Torre, Chinnici...». Si porta sempre dietro la telecamera: è il suo terzo occhio oppure una coperta di Linus? «Sin da bambino volevo fare cinema, giocavo con gli attrezzi di questo mestiere, mio padre ha una società di produzione». Lei, però, ha fatto tv, poi cinema. «Ho frequentato il corso Mediaset come autore tv, lì ho conosciuto Davide Parenti e sono approdato a Le Iene. Ma al cinema sono tornato». Un consiglio da dare a questi ragazzi di Giffoni? «Che la vita reale è più bella di quella virtuale. Un esempio: se non c'è il collegamento wi-fi in un posto, non è una tragedia. A me è successo in Groenlandia e me ne sono fatto una ragione». di Leonardo Iannacci

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