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Robin Williams, da "Nano nano" all'Oscar per Will Hunting: una carriera di lacrime e risate

Giulio Bucchi
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Quattro nomination all'Oscar, una statuetta vinta come miglior attore, la capacità di passare dalle risate alla malinconia come solo i grandissimi di Hollywood: Robin Williams, morto a 63 anni in California per sospetto suicidio, è stato senza dubbio uno degli interpreti più dotati della sua generazione. "Ha saputo far piangere e far ridere", lo ha ricordato con perfetta sintesi il presidente americano Barack Obama. Dietro la faccia da eterno bravo ragazzo, Williams nascondeva una personalità tormentata che lo ha portato alla dipendenza giovanile da alcool e droga e, poi, a una cronica depressione che sarebbe alla base della sua tragica fine.  Nano nano e Carpe diem - Diventato famoso negli Anni 70 con il surreale Mork & Mindy, telefilm in cui interpretava un alieno spaesato finito per sbaglio sulla terra nell'appartamento di una ragazza americana, Williams è passato agilmente dal tormentone "Nano nano" ai ruoli più intensi per Hollywood, sempre al servizio di grandi registi. Popey - Braccio di ferro di Robert Altman la prima apparizione di rilievo nel 1980, poi lo speaker radio di Good Morning Vietnam nel 1987 per Barry Levinson, che gli farà guadagnare la prima nomination agli Oscar. Da qui inizia il periodo d'oro dell'interprete. Prima il mirabolante e visionario Le avventure del barone di Münchausen di Terry Gilliam (1988), quindi il famosissimo L'attimo fuggente di Peter Weir, con cui nel 1989 conquista un'altra nomination. Il ruolo del professor Keating che insegna a modo suo il senso della vita attraverso la poesia è probabilmente il più celebre nella carriera di Williams, che dona ironia e dolcezza a tutta la pellicola. "Capitano, mio capitano" è forse uno dei momenti più intensi del cinema degli ultimi 30 anni. Da Mrs Doubtfire al premio Oscar - Ancora con Gilliam nel 1991 per La leggenda del re pescatore (altra nomination), Williams passa con disinvoltura da eroi ai margini e disadattati a quelli che lo renderanno un idolo anche per i più piccoli, come i pirotecnici Hook - Capitan Uncino (di Steven Spielberg, 1991) e Jumanji (Joe Johnston, nel 1995). In mezzo, una favola per adulti come Toys - Giocattoli (ancora con Barry Levinson nel 1992) e una commedia frizzante come Mrs. Doubtfire - Mammo per sempre firmato da Chris Columbus nel 1993. In cinque anni, mette a segno tre parti notevoli per Woody Allen (Harry a pezzi, 1997), Tom Shadyac (Patch Adams, 1998) e l'emergente Christopher Nolan (Insomnia, 2003). Ma soprattutto, centra finalmente l'Oscar 1998, ironia della sorte, come "miglior attore non protagonista", per Will Hunting - Genio ribelle di Gus Van Sant nel 1997. Anche qui, come ne L'attimo fuggente, il suo compito è illuminare il cammino di un giovane Matt Damon, dotatissimo ma sbandato. Williams non è un professore, ma uno psicologo, e alla poesia sostituisce la razionalità. L'ultimo ruolo - Gli anni Duemila lo vedono attivissimo, anche se con livelli artistici leggermente inferiori. Spicca comunque la saga blockbuster Una notte al museo, il cui terzo capitolo arriverà nelle sale americane a dicembre 2014. Un omaggio postumo a un attore istrionico, passato dai successi professionali ai drammi interiori, con la dipendenza dall'alcool e la droga fino alla depressione cronica, che l'avrebbe portato al suicidio. Ma comunque in grado di mantenere davanti a una cinepresa, nello sguardo e nella voce, quella allegria un po' folle che solo certi bambini tristi riescono ad esprimere.  di Claudio Brigliadori @piadinamilanese

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