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CartaBianca, il retroscena sulla rottura tra Mauro Corona e Bianca Berlinguer (e una voce sul futuro)

Davide Locano
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Il momento più bello della sua carriera tivù è quando si è collegato mezzo brillo e tutto ammaccato dal suo rifugio in provincia di Pordenone: «Erano in tre, due li ho stesi a cazzotti ma alla mia età diventa faticoso fare a botte nei bar» Questo è Mauro Corona, anzi è l' autoritratto occasionale d' un poeta delle montagne che si finge Yeti ma è un mostro di sensibilità e bravura. Grandissimo dissimulatore, eccelso bevitore (la sua condizione naturale prevede una certa dose di alcol nelle vene), ha appena divorziato idealmente da Bianca Berlinguer per via d' una birra trangugiata davanti alle telecamere di Cartabianca. O forse per noia sopraggiunta a forza di giocare a Sandra e Raimondo ogni martedì sera: lui fra le montagne, avvinazzato per contratto e rivestito ogni volta d' una divisa della Forestale per attrarre l' attenzione sulla necessità di ripristinare il glorioso corpo; lei in studio a Saxa Rubra a stuzzicarlo su ogni aspetto possibile della cronaca politica, sfidando la sorte di quel suo menefreghismo da artista, l' insofferenza dello scrittore alpino e le altitudini interiori di chi sa modellare il legno ma è costretto a commentare decreti sicurezza e nomadismi vari. Leggi anche: "Perché lo ho cacciato": la Berlinguer affonda Corona Una coincidentia oppositorum durata sin troppo a lungo, secondo alcuni, e tramontata quando lui ha realizzato che da quelle parti non c' era più posto per uno che è sopravvissuto mangiando escrementi. E così, dovendo scegliere tra la sovrabbondanza del ripetersi e la sottrazione del ritrarsi, ha provocato il caso per azzuffarsi in diretta con Bianca e annunciare il proprio addio a "lei che legge solo Donna Moderna". Coerentemente michelangiolesco, peraltro, poiché la filosofia di Corona sta tutta nell' adagio scultoreo (ereditato dal nonno intagliatore?) che compare sul suo sito: «Vivere è come scolpire, occorre togliere per vedere dentro». E Mauro ha tolto se stesso dal pasto settimanale di Raitre, anche se non è dato sapere in quale altro format sia destinato prima o poi ad approdare. ARRAMPICATORE SOLITARIO Geometra per mancanza di soldi, arrampicatore votato ai misteri della solitudine, sciatore con la passione spericolata per il bob (se li costruiva da solo quando era ragazzino), circa vent' anni fa Corona si è anche autoiniziato alla scrittura di genere naturalistico e ha funzionato a meraviglia. La furbissima Daria Bignardi ne scoprì il talento televisivo e lo trascinò armato di birra chiara alle sue Invasioni barbariche su La7: nacque così il personaggio, il tipo o se volete un perfetto carattere stilizzato per impersonare il buon selvaggio a beneficio dei salotti più delicati. Lui si è subito lasciato usare, fingendo di stare al gioco altrui mentre inscenava la propria maschera con finta vanità d' artista burbero. Certo, incazzoso lo è davvero ma con una destrezza rara: nei collegamenti dall' antro domestico, complice l' inevitabile ritardo audio, è sufficiente una sovrapposizione di voci per scatenarlo come una furia. Il che avviene tuttavia con una sospetta ripetitività, ormai ritualizzata in un bozzetto da sceneggiatura: interno notte, Corona viene interrotto e brandisce la clava. A proposito di strumenti offensivi improvvisati, resta memorabile nel suo curriculum la volta in cui interpretò alla lettera l' ultima versione della legge leghista sulla legittima difesa: era l' estate di due anni fa, alcuni ragazzi entrarono nella sua abitazione e mandarono in mille pezzi la vetrata del suo studiolo usando una delle sue sculture in bronzo; Corona li ha inseguiti a piedi nudi con l' accetta: «Se li avessi presi ci sarebbero stati tre morti, perché li avrei ammazzati senza pietà». Un' esagerazione assoluta, ma perfettamente in linea con la sensibilità di un altro grande scrittore boschivo, Ernst Jünger, secondo il quale l' inviolabilità del domicilio si fonda sul padre di famiglia che si piazza sulla soglia di casa con la scure in mano. La verità è che Corona non è né un tipo contemporaneo né un attaccabrighe qualsiasi. Si definisce «un carpino con la scorza dura e tenace come quella del corniolo»; e tanto basta per ammirarlo a debita distanza. Come piace a lui. di Alessandro Giuli

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