Sanremo 2020, Amadeus e il "trucchetto" della Rai: lo share è da record, ma gli spettatori medi...
La settantesima edizione del Festival di Sanremo finirà nel cassetto dei ricordi migliori di mamma Rai. Quest'ultima si è impegnata tanto affinché ci fossero tutti gli ingredienti per un prodotto di successo: un conduttore/direttore artistico discreto e capace (Amadeus), uno showman esuberante e imprevedibile (Fiorello), un artista di calibro internazionale (Tiziano Ferro) e tanti monologhi dal forte impatto mediatico. L'altro giorno i vertici della Rai gongolavano definendo questo Festival il più redditizio di sempre dal punto di vista pubblicitario. Difficile credere il contrario, visto l'enorme dispiegamento di forze ed il contributo di RaiPlay, la piattaforma che Fiorello ha fatto crescere alla velocità della luce grazie ai suoi show novembrini. Per approfondire leggi anche: Fiorello minaccia di lasciare, dove ricompare Insomma, tutto è stato studiato nei minimi particolari, compresi la comparsa di Roberto Benigni nel “giorno libero” di Fiorello e gli orari prolungati come mai in passato per favorire l'incremento dello share. Quest'ultimo è un piccolo “trucchetto” che sta funzionando, perché parlare di “ascolti da record” fa parecchio comodo alla Rai. E pazienza se poi in realtà a livello di telespettatori il risultato è ottimo, ma non così “da record”. Tre puntate consecutive da oltre il 50% di share sono una notizia grandiosa da vendere ai media ed all'opinione pubblica (forse un po' meno agli inserzionisti, ma tanto la pubblicità già viaggia a livelli stratosferici), ma analizziamo più nel dettaglio i dati degli ascolti tv. La prima parte (21.05-23.00) della terza serata è obiettivamente stata un grande successo sotto tutti i punti di vista, tanto che qualcuno ha maliziosamente pensato che Fiorello non sia poi così decisivo: errore, perché il suo “giorno libero” è stato compensato con ospiti che "super" lo erano per davvero. Tra la presenza di Cristiano Ronaldo e quella di Roberto Benigni, in media 13 milioni e 533mila spettatori sono rimasti incollati allo schermo, facendo registrare il 53,6% di share: numeri da capogiro per Amadeus, battuto negli ultimi 15 anni solo da Gianni Morandi (15.398.000 spettatori medi nel 2011) e da Paolo Bonolis (14.390.000 nel 2015). La seconda parte, invece, è stata caratterizzata dall'orario di chiusura estremo (2.05), che ha sì penalizzato gli spettatori medi (5.636.000) ma ha permesso di realizzare il quarto miglior dato per share (57,2%) dal 2005. Nel confronto con le altre terze serate di Sanremo, Amadeus si è piazzato dietro soltanto a Bonolis e soprattutto a Carlo Conti, che nel 2015 e nel 2016 ha toccato il 58% con un milione di spettatori in più e un'ora di trasmissione in meno. Il dato totale restituisce quindi 9 milioni e 836mila spettatori di media per uno share pari al 54,5%: così alto non si vedeva dal 1997, quando Mike Bongiorno arrivò al 55,5% ma con 14 milioni di spettatori in una terza serata terminata intorno alle 23.30. Decisamente altri tempi, mentre nel confronto con gli anni 2000 Amadeus ha battuto tutti a livello di share: lo stesso non si può dire per gli spettatori medi, dato che 8 delle precedenti 10 edizioni erano andate oltre i 10 milioni, con il picco di 12.363.000 di Gianni Morandi nel 2011. Insomma, la Rai ha scelto coscientemente di sacrificare qualcosa a livello di spettatori medi per potersi vantare di share elevatissimi, costantemente sopra il 50%. La decisione di tirare il Festival per le lunghe sta quindi dando i suoi frutti, anche se paradossalmente a rimetterci qualcosa sono proprio gli artisti, che finora sono stati più un contorno che i veri protagonisti dello spettacolo. di Gabriele Galluccio