L'intervista

Lillo e Greg: "Cinepanettone, noi ti amiamo"

Andrea Tempestini

La passione per i Monty Python e la stima per Tognazzi & Vianello. E poi gli inizi come fumettisti, l'exploit con la band Latte e i suoi derivati, i successi in radio e in tv e l'approdo sul grande schermo. Lillo e Greg ci raccontano il loro primo quarto di secolo. Ad alto tasso comico.    Voi non lo sapete ma è la prima volta che vi ho visto dal vivo non è stato a un concerto o a teatro, bensì nella redazione della casa editrice romana comic art, alla Garbatella. Forse c'era pure Greg, non ne sono certo, però ricordo nitidamente Lillo intento a ripassare le tavole di un suo fumetto. Era il 1994. Ora fate i Cinepanettoni di De Laurentiis: una brutta fine.   LILLO - Eh sì.   GREG - È andata male.   Nel 1994 avevate già fondato da qualche anno la band musicale Latte e i suoi derivati, che è stata la prima vostra esperienza di successo. Quando vi eravate conosciuti?   LILLO - Nella seconda metà degli anni Ottanta, in una redazione fumettistica, ma non quella della Comic Art.   GREG - Era la casa editrice di Francesco Coniglio, che allora era più propriamente un’agenzia. Si chiamava On Mollo M e di lì a poco avrebbe cambiato nome in Edizioni Acme.   Si può dire che abbiate sperimentato tutti i media e le forme d'espressione possibili: musica, cinema, teatro, radio, tv, fumetto. C'è un comun denominatore?   LILLO - L’umorismo. Anche quando fai tante cose diverse in realtà ne fai sempre una sola, però declinata in varie maniere. La nostra comicità ha caratteristiche precise e rimane la stessa in radio, al cinema, in tv o su di un palco.   GREG - Nel corso degli anni ci si affina: si valorizzano determinati aspetti del proprio lavoro e se ne trascurano o abbandonano altri. Per esempio ci siamo progressivamente lasciati alle spalle una comicità marcatamente demenziale (tipo Una pallottola spuntata) a favore di un umorismo più sofisticato e lunare, affine a quello di Mel Brooks o delle migliori commedie con Lemmon e Matthau.   E' tutta farina del vostro sacco?   LILLO - I modelli sono indispensabili, ci mancherebbe. I nostri, oltre a quelli citati da Greg, sono i Monty Python, i fratelli Zucker, il Saturday Night Live. E, tra gli italiani, Tognazzi & Vianello e Cochi & Renato.   E oggi?   GREG - Negli Stati Uniti c’è una formidabile sitcom che si chiama _Mr. Show with Bob and David_. È di qualche anno fa ma i due che l’hanno ideata, Bob Odenkirk e David Cross, sono ancora attivi.   Siete due autodidatti.   LILLO - Sì. Le scuole possono essere utili se non si ha la possibilità di fare esperienza sul campo ma noi, per fortuna, abbiamo sempre trovato un pubblico davanti a cui esibirci. Non c’è niente di meglio: acquisisci esperienza e hai dei riscontri diretti e immediati, cioè capisci subito se ciò che stai facendo funziona o no.   GREG - Mio padre dipingeva e anche mia mamma aveva una buona disposizione verso l’arte e la creatività, quindi ho forse beneficiato di una sorta di eredità genetica. Ma al di là di questo non ho avuto bisogno di scuole perché sono sempre stato animato da una grande curiosità: ho approfondito per conto mio quello che m’interessava, dall’umorismo alla musica, non mi sono serviti stimoli.   Nel lavorare fianco a fianco andate sempre d'amore e d'accordo?   LILLO - Fondamentalmente sì, altrimenti non dureremmo da così tanto tempo.   GREG - Alcune cose le scriviamo assieme, come la commedia teatrale _Il mistero dell’assassino misterioso_, altre magari le scrivo io da solo ma poi, quando si deve allestire lo sketch o lo spettacolo, Lillo interviene mettendoci del suo.   A proposito de Il mistero dell'Assassino misterioso: domenica scorsa è andato in scena per l'ultima volta al teatro nuovo di Milano, dopo tre settimane trionfali al teatro Olimpico di Roma. La pièce è del 2000 e, da allora, viene replicata quasi senza soluzione di continuità.   LILLO - Ha una comicità di situazione, non vincolata alla battuta verbale, e quindi non annoia. E funziona anche fuori dall’Italia, per esempio in Spagna. So di persone che l’hanno vista sei o sette volte e magari torneranno a vederla.   GREG - “Meta-teatro” è parola che può spaventare ma è uno dei segreti de _Il mistero dell’assasino misterioso_. Come altri nostri lavori, e senza che lo cosa sia stata studiata a tavolino, possiede diverse chiavi di lettura. Quindi può piacere all’intellettuale così come a chi ha meno strumenti di decodifica.   Chi di voi due ha il merito della scoperta di un talento assoluto come Virginia Raffaele?   LILLO - Greg, lo ammetto. Virginia è un fenomeno. Da qualche anno, giustamente, sta portando avanti una sua carriera distinta dalla nostra e più basata sulla televisione, ma sempre con risultati eccellenti.   GREG - Sì, sarà stato il 2001. Stavo facendo uno spettacolo all’Ambra Jovinelli di Roma con Max Paiella e mi è capitato di vedere un lavoro di Francesca Milani, Danilo De Santis e, appunto, Virginia. Sono immediatamente rimasto colpito dalla sua presenza scenica e soprattutto dal fatto che sembrasse una veterana. In lei si avvertiva una “voglia di palcoscenico” assolutamente incontenibile.   La satira politica non fa per voi.   LILLO - La facciamo indirettamente. Gli stati d’animo negativi di certi nostri personaggi sono evidentemente causati dal malgoverno della cosa pubblica. La satira politica in senso stretto è bene che la faccia chi ce l’ha nelle corde, come il mio amico Corrado Guzzanti, il migliore di tutti.   GREG - Il fatto è che io di politica non credo di capirne granché e mi ha sempre attratto poco. Quindi come posso pensare di farne il bersaglio della mia comicità?   Nessun pentimento, insomma, per i cinepanettoni?   LILLO - Direi di no, anche perché i cinepanettoni non mi hanno cambiato di una virgola. Continuo a essere un appassionato di fumetti e a dipingere miniature, esattamente come prima. Il successo di pubblico, se sei un professionista, lo metti in conto quale possibile (e auspicabile) risposta a un lavoro ben fatto. Tutto qui.   GREG - Ho deciso di accettare quando mi hanno garantito che avrei curato in prima persona la colonna sonora del film e che avremmo potuto riadattare dialoghi e situazioni “cucendoceli” addosso. Poi mi stimolava l’idea di partecipare a un film natalizio che aggiornasse un po’, rendendola più garbata, la formula del cinepanettone classico. E infine un film di così grande popolarità ti consente di far conoscere ciò che fai a tantissime persone, il che significa che dopo qualcuno ti verrà a vedere a teatro o in concerto. E senza il cinepanettone non lo avrebbe fatto. intervista di Giuseppe Pollicelli