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Rodolfo Valentino, la "scarsa virilità": le rivelazioni "proibite" sulla storia del cinema

Luca Beatrice
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A pochi mesi dalla scomparsa del suo luciferino autore, Adelphi ristampa il secondo e definitivo capitolo della saga Hollywood Babilonia, originariamente uscito nel 1984, scritto per soldi su sua stessa ammissione, nel tentativo di bissare il successo del primo tomo uscito in Francia nel 1959. Nella lunga e complessa biografia di Kenneth Anger (Santa Monica, California, 1927 – Yucca Valley, California, 2023) non stupisce che alla fine sarà ricordato per questi due libri velenosi, pettegoli, atti a gettare discredito su attori, registi, produttori e quant’altro del mondo del cinema e sul suo entourage. Prima di mettere mano alla scrittura, Anger fu egli stesso regista sperimentale ed eversivo, con spiccate componenti omosessuali e riferimenti continui all’occultismo per via della fascinazione nei confronti di Aleister Crowley, intellettuale sospetto di satanismo che influenzò e non proprio nel bene diverse star del rock and roll. Il primo lavoro di Anger ad avere un certo consenso negli ambienti dell’avanguardia americana risale addirittura al 1947, Fireworks, mentre il film di culto è Scorpio Rising del 1963 sul mondo biker rappresentato in chiave omoerotica. Si tratta di cortometraggi dalla grana indipendente e rugginosa, senza una precisa struttura narrativa, il più delle volte strampalati e privi di un senso preciso, ma al cui interno si respira quell’ansia sperimentale tipica del cinema contro.

MITO DA SFATARE
Che Hollywood fosse un mito da sfatare per Anger lo si capisce fin dal primo libro Hollywood Babilonia, ampiamente tagliato nella versione americana e depurato da parecchie foto “rubate” di personaggi ancora viventi in atteggiamenti da dietro le quinte, se non addirittura nudi. Tutti gli scandali del cinema americano sono passati in rassegna con la tecnica dello sputtanamento: la scarsa virilità di Rodolfo Valentino, altro che sex symbol; l’alcolismo di Joan Crawford; la bisessualità di Marlene Dietrich; le accuse di stupro a Errol Flynn; gli episodi di cronaca nera che coprono gli anni ’50 e ’60, fino alla strage di Bel Air perpetrata dalla “famiglia” Manson. Hollywood Babilonia II copre in prevalenza il periodo successivo, fino agli anni ’80, aggiungendo altri particolari scabrosi che erano sfuggiti al volume precedente. In copertina della prima edizione che uscì già per Adelphi, c’era Liz Taylor in evidente sovrappeso, segno evidente che il terribile Anger non avrebbe fatto sconti a nessuno. In un’epoca senza internet, quando la stampa copriva la gran parte della comunicazione, Hollywood Babilonia risulta davvero l’antesignano di Dagospia, un rotocalco di pettegolezzi e retroscena dal mondo del cinema che coinvolgono i magnati dell’industria e della politica. Dove ci sono i potenti con i loro denari ci sono donnine, marchette, ragazzini, alcol e droga scorrono a fiumi, il sesso è la principale moneta di scambio nonché il meccanismo che regola i rapporti di forza, successi o insuccessi di Hollywood nascono sempre a letto.

 

 

VIZI PRIVATI... MA NON TROPPO
Veniamo così a sapere che Mae West aveva un debole per i pugili, che Ronald Reagan all’inizio era un democratico di sinistra e poi divenne repubblicano per compiacere la seconda moglie Nancy, che Marilyn Monroe scrisse in una lettera uscendo da una clinica «matta lo diventerò davvero in questa gabbia di matti», che i film di Hitchcock pullulano di spunti sadomaso, che James Dean aveva le piattole per colpa dei coiti promiscui. «Hollywood -scrive Anger- è un bizzarro posto in cui rivali che si odiano a morte sono costretti a scambiarsi baci appassionati sotto rosolanti riflettori, mentre una schiera di individui indifferenti li osserva con singolare intensità». Con le sue rivelazioni, Anger si attirò l’odio del mondo del cinema, eppure che ci sia dietro un fondo di verità lo si intuisce da quanto i due Hollywood Babilonia abbiano ispirato a più riprese cinema e tv. Babylon, il film di Damien Chazelle del 2022 e la miniserie Hollywood (2020) diretta da Ryan Murphy e Ian Brennan concorrono a rovesciarne il mito e attingono a piene mani dai veleni del regista-scrittore. Insomma, se avesse avuto ragione lui?

 

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