Il maestro Alberto Manzi torna idealmente in cattedra ma non per una riproposizione del proverbiale programma Non è mai troppo tardi con cui il mitico docente insegnò a leggere e scrivere a generazioni di italiani (allora, erano gli Anni ’60) di ogni età. Manzi rivive infatti come autore. Dynit, infatti, con il Natale ormai alle porte, ha deciso di riproporre al pubblico italiano, sotto forma di dvd, Orzowei, il figlio della Savana, serie cult del 1977 tratto dal romanzo che il mitico maestro, scomparso nel 1997, aveva pubblicato a metà Anni ’50. Un ritorno che se da un lato profuma inevitabilmente di piacevole nostalgia, dall’altra va certamente annoverata tra quelle storie semplici e forti che- a giudicare dal clamoroso successo del nuovo Sandokan - probabilmente hanno ancora qualcosa da dire. La serie, girata in Kenya tra il ’74 e il ’75 dopo i dinieghi di Sudafrica e Uganda, racconta la vicenda di Isa, interpretato dal britannico Peter Marshall: un ragazzo bianco abbandonato da bambino e cresciuto da una tribù africana. Un “diverso al quadrato”, se così si può dire. Per i neri, infatti, era un estraneo, per i bianchi era, invece, un africano di fatto. La sua lotta per trovare un posto nel mondo diventa così una metafora potente, che parla di identità, integrazione, rifiuto e violenza umana senza espedienti legati a un politically correct all’epoca (beati loro) inesistente. Temi tuttavia ancora attuali, affrontati però con un realismo che oggi farebbe arrossire molti sceneggiatori mainstream.
A firmare la regia fu Yves Allégret, maestro del cinema francese, insignito nel 1987 del César alla carriera. Accanto a Marshall, un cast internazionale: Bonne Lubega, Stanley Baker, Doris Kunstmann, Vincenzo Crocitti, Giorgio Dolfin e altri volti entrati nella memoria di chi seguì la serie in quegli anni. Sul set furono messi anche veri membri di una tribù Masai e attori teatrali di Nairobi, a conferma di quanto si cercasse di rappresentare una realtà il più possibile verosimile. Autori della sigla i non meno mitici Oliver Onions, cioè i fratelli De Angelis, quelli delle colonne sonore di Bud Spencer e Terence Hill. Un marchio di fabbrica che trasformava ogni serie in un successo: Orzowei non fece eccezione e il tema musicale arrivò al primo posto in Germania nel 1977. In Italia, i tredici episodi andarono in onda nella fascia preserale dal 28 aprile dello stesso anno, incollando davanti allo schermo milioni di spettatori. Poi, come spesso accade alle cose migliori, dal 1982 sparì nel nulla: mai più trasmesso né in Italia né all’estero.
Oggi, però, ritorna a disposizione del grande pubblico che, soprattutto sopra una certa soglia anagrafica, non l’ha certo dimenticato. Oltre a rappresentare indubbiamente un modo per ricordare che si può raccontare l’Africa senza paternalismi né moralismi vari, riuscendo, anzi, nell’impresa di far sognare senza effetti speciali. In cui l’unica vera sorpresa sarà rappresentata dalla volontà del giovane protagonista capace di andare oltre gli stereotipi e dare una lezione di umanità eccezionale che non sarebbe male (anche quella) tenere a mente pure oggi. Anche lontano dalla Savana.




