Il pubblico grida a Celentano: "Vai a casa"

Andrea Tempestini

Il grido liberatorio, e per la verità un po’ fantozziano,  è giunto dal pubblico: «Basta! Predicatore! Torna a casa!». Lui si è difeso come la sintassi claudicante gli concedeva: «Perché dici basta, lasciami parlare, magari dico qualcosa di interessante anche per te». Invece no, la seconda apparizione di Adriano Celentano è stata un mesto tentativo di rattoppare la precedente esibizione da ricovero coatto. Il Foraggiato (con i nostri soldi) si è infilato la corona di spine del martire, l’unico trucchetto che ormai gli riesca. «La corporazione dei media si è coalizzata in massa contro di me», ha frignato, «neanche se avessi fatto un attentato allo Stato. Fra quei quattro o cinque che mi hanno difeso, mi ha colpito la voce di un prete che ho visto da Mara Venier, don Mario. Grazie don Mario, tu hai capito ciò che i vescovi hanno fatto finta di non capire». Già, come se la sua fosse la parola di Dio. Perfino gli amici di sempre lo hanno tradito, ha detto Adriano ormai trasfigurato in figura messianica: «Travaglio, ospite di Lilli Gruber, non ha resistito e anche lui ha voluto affondare il coltello nella piaga, non la mia ma la vostra piaga. Alla fine è solo la vostra piaga, che diventa sempre più profonda in quanto vi distolgono dal capire. Estrapolano una frase dal contesto del mio discorso, cambiando anche il modo dei verbi. Ma io sono venuto qui a fare quattro chiacchiere con quei sedici milioni che hanno visto il festival di Morandi». Gli piace dipingersi come il predicatore solo contro tutti, il coraggioso messaggero della verità che annuncia il «paradiso».   Eppure gli spettatori - non tutti, ma molti più del solito - non l’hanno bevuta. Dalla platea son giunti fischi, grida belluine, insulti misti ad applausi. Claudia Mori non ha gradito e pare che incontrando il consigliere d’amministrazione Verro dietro le quinte gli abbia detto: «Complimenti per la buffonata». Sul palco intanto si vedevano scena  da festa della porchetta, con il Foraggiato che s’impelagava in un’astrusa  auto-smentita. «Quando dico che che Famiglia Cristiana e l’Avvenire andrebbero chiusi definitivamente... dico “andrebbero”». Come se ci fosse differenza. Infatti, ecco la sua idea di libertà di stampa: «Se i giornali fossero miei certo non li chiuderei, ma mi affretterei a cambiare la loro impostazione». Proprio come il ministero della Propaganda. «Per me potete anche stare aperti», concede magnanimo Celentano, «ma cambiate almeno la testata».  In sostanza, non si è rimangiato nulla di quanto aveva detto. Tanto per togliersi lo sfizio, il Foraggiato ci ha infilato anche lo sberleffo alle istituzioni, intonando La cumbia di chi cambia, con versi del tipo: «I funzionari dello stato italiano/ sembrano spesso personaggi da vetrina». Peccato che quei funzionari, in particolare quelli che stanno a viale Mazzini, gli paghino lo stipendio. Estraendolo dalle nostre tasche. Ma chi se ne importa, Adriano il suo comodo l’ha fatto. Morandi l’ha applaudito e pure il povero minorenne Alessandro Casillo, con i suoi capelli da Justin Bieber, è stato costretto a dire che il Molleggiato «è un grande artista», frase inutile ma obbligatoria .   La verità è che  questa 62esima edizione è stata prima soffocata, poi definitivamente stroncata da Celentano, l’unico di cui resterà memoria. Con il colpo da knock-out che ti fulmina sul ring, il Foraggiato ha stecchito anche la Rai, imponendole  i   propri  capriccetti.      Gli è stato permesso di gridare alla censura, ancora prima che lo show iniziasse. Ha ottenuto  l’ingaggio che pretendeva, 350 mila euro a puntata, con un tetto massimo di 700 mila (infatti ha timbrato il cartellino solo due volte). E lui, per ringraziare, ha inventato pure il ricatto della beneficenza, a vantaggio  di Emergency e di  fantomatiche «famiglie bisognose».  La Rai  gli ha concesso di liquidare i conti con i propri nemici: il «deficiente» Aldo Grasso - colpevole di essere un critico televisivo - e i «giornali ipocriti». Poi la «libertà» sotto forma di scemenze per ventilarsi le gengive, che  ha fatto perdere 700 mila euro di pubblicità.   La colpa della disfatta, Libero lo ha già scritto, non va addossata tutta a Celentano. Lui ha fatto il suo mestiere.  I capoccia Rai, Lorenza Lei in testa,  si è limitata a piegare il capino, salvo poi commissariare malamente lo spettacolo, tenendo Adriano a  cuccia fino all’ultima serata. Peccato che lo show fosse  interamente costruito su di lui, e senza la sua presenza gli ascolti sono crollati e non  sono bastati a risollevarli farfalline o modelle ceche vestite come cotechini (la Mrazova abbigliata da pornostar in fascia pro-tetta). In sostanza, le puntate prive di  Celentano si sono rivelate un inutile intermezzo fra una svalvolata e l’altra di Papa Adriano. Ecco, questo è quanto abbiamo ottenuto portando il Molleggiato all’Ariston: un macigno sulle spalle di una Rai già sufficientemente afflitta.  Di ciò ringraziamo sentitamente la dirigenza. La quale ha scritturato un cretino di talento (copyright Giorgio Bocca) dimenticando di inserirgli nel contratto una clausola fondamentale: l’obbligo di portare con sé il talento. di Francesco Borgonovo