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Il racconto del cronista di Libero insultato: "Ci sono dei complici"

Il dirigente Rai contro Libero, ma sui siti e sulle agenzie gli improperi non vengono notati. "E' il grido di dolore di un artista"

Lucia Esposito
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E' stato molto bello e istruttivo, ieri, vedere come la stampa italiana ha commentato la telefonata di Carlo Freccero pubblicata da Libero. Quegli  otto minuti circa di conversazione in cui il direttore di Rai 4 ha definito il sottoscritto, nell'ordine,  «stronzo fascista»; «asino»; «culattone»; «cretino»; «deficiente»; «coglione al servizio dei pedofili» e ha descritto il nostro come «un giornale di merda», minacciando di mandare «tutti quanti ad assalirvi» con «i forconi sotto la redazione».   Questo perché ci siamo permessi di scrivere un articolo sulla serie televisiva Fisica o chimica.  Precisiamolo subito: non abbiamo mai chiesto di chiudere né di censurare il programma. Ci siamo limitati a descriverne i contenuti, a beneficio anche di chi non l'aveva mai visto (vertici Rai compresi). La trasmissione, del resto, non sarà eliminata, ma soltanto spostata fuori dalla fascia protetta.   Ieri i siti dei giornaloni come Corriere e Repubblica hanno preferito ignorare la faccenda, nonostante decine di migliaia di persone stessero scaricando l'audio della telefonata da internet e cliccando sugli articoli correlati. Le altre testate hanno seguito l'esempio, fino a che mantenere il silenzio non è più stato possibile poiché il caso è stato sollevato da Giovanna Bianchi Clerici durante il Consiglio d'amministrazione della Rai, e le agenzie di stampa sono state costrette a darne conto. A quel punto, è scattato il riflesso condizionato: il merito della questione è passato in secondo piano, la priorità era scegliere da quale parte stare, se con i servi di  Libero o con l'illuminato progressista Freccero. Ovviamente hanno scelto tutti la seconda opzione, evitando adeguatamente di far riferimento alle frasi sguaiate del direttore di Rai 4 e alle sue minacce, a costo di  contraddire ciò che fino a ieri  professavano.       Luca Telese  del Fatto, per esempio, ha scritto su Twitter che «lo sfogo di Freccero con Libero è il grido di dolore di un artista censurato dall'Italia bacchettona». Un «artista», per inciso,  che si esprime  con termini poetici quali culattone, fascista, pedofilo e cretino. E che difende la libertà di espressione minacciando di far assalire la redazione di un giornale dai suoi fan con i forconi in pugno.  Sempre a tutela del caro Freccero,  il foglio di Padellaro e Travaglio  ieri ha preso le difese di Fisica o chimica, affidando il compito al piacevole Andrea Scanzi, di professione sommelier. Il degustatore e cronista si è prestato a far da scudo umano alla serie dopo averla seguita molto attentamente. La sua conoscenza del programma era così approfondita che ne ha sbagliato  il titolo.    Grazie ad acrobazie come queste, il baricentro della questione si è spostato. Non si è discusso di un alto funzionario della Rai che ha aggredito un quotidiano, ma della deontologia di Libero. La Fnsi, il sindacato dei giornalisti, non ha speso una parola a sostegno di chi si è sentito dare del deficiente e del cretino;  non ha emesso mezzo comunicato di condanna verso Freccero che prometteva di «vendicarsi» facendo assaltare la redazione del nostro «giornale di merda». (Apprezzabile eccezione sindacale: i consiglieri dell'Alternativa che ci hanno espresso solidarietà).   A un certo punto, sembrava che il fulcro della vicenda fosse la pubblicazione da parte nostra di  una telefonata privata di Freccero, registrata a sua insaputa. Esemplare il riassunto di Luca Sofri: «Libero ha registrato e messo online la telefonata tra un suo giornalista e Carlo Freccero, imbufalito con il giornale». Il medesimo Sofri ha poi versato il suo obolo, commentando: «La rabbia di Freccero è degna di miglior causa, ma che Libero pubblichi molto peggio di quel che critica è vero».     Non ci risulta, tuttavia, che analoghe obiezioni sulla professionalità e l'etica siano state mosse ai cronisti di Report quando di nascosto hanno inciso su nastro una conversazione con Renato Brunetta. O a quelli di Servizio Pubblico che hanno fatto lo stesso con Luigi Lusi. O  all'amico David Parenzo della Zanzara che spacciandosi per Umberto Bossi ha sbertucciato fior di politici. O ancora alle Iene.  Gli stimati colleghi del Fatto che versavano lacrime per l'«artista» Freccero, fra l'altro, sono gli stessi che per mesi hanno pubblicato intercettazioni su intercettazioni o  articoli in cui Sandra Amurri riportava conversazioni private di Calogero  Mannino  orecchiate al bar.  Anche Dagospia, che pure ha dato ampio spazio alla faccenda, ha  ritenuto indispensabile chiosare: «Ma che bel giornalismo intervistare registrando le telefonate senza comunicare nulla all'interessato». Peccato ci sia una piccola differenza tra quel che han fatto i maestri di giornalismo di cui sopra   e quanto abbiamo fatto noi. Sfugge che il primo a chiamare in redazione a Libero è stato proprio Freccero, il quale ha chiesto del direttore Maurizio Belpietro, cogliendo l'occasione per ribadire alla segretaria che ci avrebbe rovinato in quanto fascisti. Il direttore di Rai 4 ha poi lasciato un numero di cellulare per essere richiamato, e a quel punto il sottoscritto ha sollevato la cornetta, decidendo di registrare, casomai Freccero si fosse di nuovo esibito in insulti. Comprensibile che uno, se toccato nel vivo, si arrabbi e dia in escandescenze, ha scritto qualcuno. Verissimo. Però tra la prima chiamata del celebre esperto di media e la nostra telefonata è passato almeno un quarto d'ora, forse il tempo di sbollire c'era.  Per concludere, ci sembra che si sia perso di vista un punto centrale della vicenda. Un giornalista si è presentato come tale al numero uno di una rete pubblica ed è stato ricoperto di contumelie assieme al suo giornale. Fra l'altro, il progressista Freccero - che si vuole perseguitato per la sua apertura mentale e la sua indipendenza -  non ha saputo escogitare offesa migliore di «culattone». Probabilmente in segno  di rispetto verso gli omosessuali.   Lo stesso direttore di rete ha poi definito Lorenza Lei (cioè il suo capo) «amica di tutti i pedofili», laddove «pedofilo» è sinonimo di cardinale o di componente dell'Opus Dei. Ci sembra per lo meno singolare che nessuno abbia avuto  da ridire su un particolare tanto insignificante. Ma chissà, forse erano tutti impegnati a seguire le nuove puntate di Fisica o chimica. di Francesco Borgonovo

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