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DiMartedì, "guardi che è serio": cosa esce di bocca a Parenzo, il gelo di Giovanni Floris

Claudio Brigliadori
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Il dramma ucraino, dopo 100 giorni, sembra sempre più diventato un pretesto per rusticani duelli personali. Regolamenti di conti televisivi tra ego ipertrofici. DiMartedì, che si regge più di tutti gli altri talk sul canovaccio dello scontro frontale, è l'esempio perfetto. Si comincia con Alessandro Barbano, condirettore del Corriere dello Sport ed ex direttore del Mattino, che si rifiuta di fare una domanda ad Alessandro Di Battista. Lo accusa direttamente di «autismo intellettuale»: «Staccano pezzi di geopolitica eli montano nel loro pantheon valoriale, giocano con i soldatini alla guerra nel salotto di casa».

 

 

 

«L'ha fatta fuori dal vasetto», è la replica piccata dell'ex grillino. Partono come da copione le accuse incrociate: «Siete saccenti, disprezzate la volontà popolare», sostiene Dibba. «Sa perché la gente la pensa come lei? Perché sulla guerra avete una posizione oracolare». La scena si ripete un segmento di trasmissione più avanti, con David Parenzo e il professor Angelo D'Orsi, uno degli ideologici dei (finti) pacifisti: «Nella sua visione del mondo - riassume il conduttore de La Zanzara - le armi all'Ucraina non vanno bene, le sanzioni non vanno bene. Ma allora diamogli questo Donbass, perché gli ucraini scocciano così tanto? Perché ci danno così fastidio?». «Non la metta in burletta, sia serio!», si scalda D'Orsi.

 

 

 

Ci pensa Floris a fargli notare che Parenzo «è serio è serio, usa l'arma del paradosso». Giusto ricordarlo perché il rischio è che il pubblico, dopo 20 anni abbondanti di confronti televisivi in cui pullulavano ideologi da bar capaci di spararne di ogni su (meglio, contro) Silvio Berlusconi, Mattero Renzi, i sovranisti, il Covid, il vaccino e la dittatura sanitaria (ogni periodo ha avuto il suo ritornello), abbia perso definitivamente il senso della realtà. Anche con le bombe in sottofondo.

 

 

 

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