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DiMartedì, mai dire "zio": la parola che fa sbroccare Pier Luigi Bersani

Claudio Brigliadori
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Mai dire “zio”. Per Pier Luigi Bersani è il peggiore degli insulti, roba da censura. E pensare che l’ex segretario del Pd, oggi battitore libero del centrosinistra dopo essere tornato all’ovile, ospite a DiMartedì su La7 di opinioni offensive martedì sera ne ha regalate parecchie nei confronti degli esponenti del governo e del centrodestra.

Nei giorni prima del voto regionale in Abruzzo, e ancora prima in Sardegna, lo smacchiatore di giaguari non si era risparmiato partecipando ai comizi elettorali per il “campo largo”, spendendosi in interventi, battute e battutacce da capocomico.

«Elly Schlein e la sinistra hanno fatto calare in massa tutte le vecchie glorie, da zio Bersani in giù», aveva poi ironizzato il governatore-bis Marsilio dopo il suo successo. Floris glielo fa notare e Pier Luigi la prende male, malissimo: «Io vado dove mi chiamano. Questo è sarcasmo... è l’umorismo che hanno loro, ognuno ha l’umorismo che ha. Questo sarcasmo che vuol essere sempre un po’ offensivo». E ancora: «Io vorrei dire a Marsilio: caro presidente, intanto buon lavoro. Poi vorrei dirle che io sono stato in Sardegna, in Abruzzo, a Foggia, in Alto Adige. Vado dove posso dare una mano alle mie idee, sia che si vinca sia che si perda. E ci vado liberamente, perché io ci vado a spese mie e dei miei compagni, non come ha fatto lei chiamando 12 ministri a spese nostre. Quindi buon lavoro, spero che si occupi dei problemi della regione».

 

E allora vediamolo, lo humour compassato di Bersani. Al ministro della Cultura Sangiuliano che accusava il Pd di avere ancora atteggiamenti "comunisti" («Nonostante il muro di Berlino sia caduto, loro lo sono ancora»), risponde così: «Quest’uomo ha dei complessi, secondo me». Così, con delicatezza e garbo. Però, per carità, evitiamo toni offensivi.

 

 

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