Venezia: l'Italia di Ferrario chiama e quella di Salvatores risponde (6)
(Adnkronos) - Nascita, morte, solitudine, ribellione, allegria, amore ma anche tanta paura, del presente e del futuro in un film dal quale, riassume il regista, "esce l'immagine di una Italia con delle paure, sofferente e ferita ma con dignità: e questo mi ha abbastanza colpito. Le persone hanno comunque un senso di umanità, una voglia di andare avanti, che mi sono piaciute". Una risposta insomma all'interrogativo che Ferrario consegna implicitamente agli spettatori, se vi sia o meno ancora entusiasmo in questa Italia. In 'La zuppa del demonio' il punto di partenza sono i filmati realizzati dai colossi industriali italiani con le migliori professionalità del settore, nelle immagini di base di 'Italy in a day' non c'è niente di professionale, vengono 'dal basso', da quelli che solitamente sono spettatori, eppure anche in questo l'Italia è cambiata. Se nel Novecento per eprimersi bisognava saper leggere e scrivere, adesso bisogna saper capire le immagini e saperle anche realizzare, altrimenti se ne resta vittime e Salvatores, da regista, certifica che su questa strada gli italiani sono molto migiliorati, giudicando positivamente la qualità delle immagini con cui ha lavorato ma, sottolinea, "non basta avere una macchina fotografica per essere fotografi" ne' quindi una telecamera per essere registi perchè, quasi le stesse parole di Ferrario, "la realtà non la racconti semplicemente registrandola. Il cinema è montaggio".