'M' come Moro: Santoro su Rai3 tra fiction, teatro e talk
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Roma, 7 mag. (AdnKronos) - di Antonella Nesi Ci sono anche "elementi completamente inediti, emersi dalle indagini agli atti della commissione parlamentare d'inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro e trasmessi oggi alla Procura di Roma", nella nuova serie di 'M' di Michele Santoro, che torna a mescolare il docudrama in forma di fiction con il teatro in diretta e l'approfondimento giornalistico, per raccontare il caso Moro, con un orizzonte narrativo che va ben oltre i 55 giorni del sequestro che finirono con la morte dello statista democristiano. Fedele al motto "fare quello che gli altri non fanno" (preso in prestito da una conversazione tra Pier Paolo Pasolini e Vincenzo Cerami), il giornalista proporrà, a partire dal 10 maggio, in prima serata il giovedì su Rai3, quattro puntate ognuna delle quali avrà al centro della scena un grande protagonista di quegli anni: Giulio Andreotti, Enrico Berlinguer, Tommaso Buscetta e Licio Gelli, che rivivranno con le loro parole ma nell'interpretazione di altrettanti attori (rispettivamente Remo Girone, Ninni Bruschetta, Claudio Castrogiovanni e Andrea Tidona). Il punto di partenza di ogni puntata saranno 50 minuti di una fiction che partirà dai giorni del sequestro Moro per arrivare agli inizi degli anni '90. A fare da filo conduttore sarà la vicenda di Mino Pecorelli, direttore di OP-Osservatore Politico, ucciso in circostanze misteriose a un anno dal rapimento di Aldo Moro. "Nella nostra fiction è tutto vero, tranne il personaggio di Silvia, la fotoreporter di sinistra, che all'inizio quasi quasi simpatizza per le Br ma poi indagando si rende conto che i brigadisti sono pedine, magari involontarie, di un disegno politico. La fiction viaggia verso le svelamento delle novità investigative emerse solo ora", ha annunciato Santoro. Subito dopo, in studio, i 55 giorni del sequestro rivivranno come se la vicenda si stesse svolgendo in tempo reale e al pubblico a casa verrà chiesto di interagire per misurare come è mutata la sensibilità degli italiani rispetto ai temi che allora divisero l'opinione pubblica, in primis se fosse giusto o meno trattare per salvare la vita di Aldo Moro. "Lo sforzo che seppero fare Moro e Berlinguer per andare contro le pance dei loro partiti fa impressione, soprattutto visto in rapporto all'oggi dove si fa quello che dice internet...", ha detto Santoro. In ogni puntata si alterneranno testimoni veri con l'interpretazione degli attori ed alcune partecipazioni straordinarie, tra le quali quella di Bobo Craxi, figlio del segretario del Psi Bettino Craxi, che darà voce alle parole del padre, e quella di Paola Pitagora che presterà la voce alla moglie di Moro, Eleonora. "Questo è un progetto frutto di un lunghissimo lavoro - ha sottolineato il direttore di Rai3 Stefano Coletta - che giustappone due mestieri molto diversi, quello giornalistico e quello registico. Ho visto la prima puntata della fiction e sono rimasto colpito dalla grande qualità e dalla forza del racconto. Alla fine delle celebrazioni del quarantennale del sequestro Moro, a cui Rai1 ha dedicato pagine importanti, su Rai3 arriva Santoro con un lavoro davvero sperimentale che merita la prima serata sul servizio pubblico". Santoro ha assicurato che non gli manca la strettissima attualità politica dei talk show ("è stata una mia scelta, dopo tanti anni ho voglia di fare altro, di sperimentare altri linguaggi") e ha sottolineato come questo nuovo lavoro gli abbia messo addosso la voglia di "rompere le scatole alla Rai, perché sviluppi le enormi potenzialità che ha". "Lavorando nel centro di produzione di Torino mi sono reso conto, ancora un volta, di che patrimonio enorme di professionalità inutilizzate abba la Rai", ha detto, prima di annunciare che proprio per questo ha deciso di sottoporre ai due rami del Parlamento la sua candidatura a consigliere d'amministrazione della Rai (il Cda attualmente in carica scadrà infatti a fine giugno) con due punti programmatici fondamentali: il primo è la trasparenza totale dei costi delle trasmissioni, il secondo è che il 40% della produzione deve essere affidata a produttori indipendenti. "Ci sono dei giovani produttori bravissimi che hanno la strada sbarrata e non hanno nessuna possibilità di lavorare per la Rai e questa cosa deve cambiare, per il bene della Rai", ha detto.