Juventus, la richiesta di Massimiliano Allegri a Beppe Marotta: vuole cinque colpi di mercato
Alle 16.21, mentre il cronometro di Juve-Verona segna il minuto 62 (dunque con l'1 del numero 1, Gigi, davanti e dietro), Buffon viene richiamato in panchina. Anzi, alla sua nuova vita. Gigi calpesta per l'ultima volta l'erba dell'Allianz Stadium mentre rimbalza tra gli abbracci di compagni ed avversari, ed alza le braccia verso il pubblico, che lo applaude, in lacrime. È commosso ma lucido, Buffon, segnale che l'addio alla Juve (forse non al calcio giocato: il biennale offerto dal Psg è una tentazion, ma dovrebbe rimanare tale) è una decisione solida, che viene da lontano e condivisa con il club, in particolare con il presidente Andrea Agnelli. Tra i membri della panchina che, su due file, lo accolgono in un corridoio d'onore, ci sono i suoi due eredi: il primo è il nuovo portiere titolare Szczesny, manifesto di un futuro programmato dal club con un anno di anticipo (a meno che non arrivi Perin e allora cambierebbe tutto); l'altro è il nuovo capitano Chiellini, emblema di un vuoto che come si crea, nella Juve di questi anni, viene subito colmato. Leggi anche: Parla Allegri: "Se resto alla Juventus...?" La forza dei campioni d'Italia è tutta nell'equilibrio con cui si mescolano il passato e il futuro, di gioia per lo scudetto e di tristezza per gli addii. Di Buffon, ma anche di Lichtsteiner (lui, che l'11 settembre 2011 fu il primo a segnare allo Stadium) e probabilmente di Marchisio. Lasciano la Juve tre dei cinque giocatori che hanno inaugurato il settennio di vittorie: ma chi va, qui, non conta più di chi resta. Intanto vince anche nel giorno di festa, 2-1 al Verona, raggiungendo i 95 punti, il miglior bottino del quadriennio di Allegri. E inizia la festa. Il primo dei tre atti è la sfilata dei giocatori sul tappeto rosso (a seguire la parata per Torino sul pullman scoperto e la cena privata) che conduce verso il palco dal quale Buffon alza il suo ultimo trofeo juventino. Ma prima del capitano, viene chiamato il mister, il cui cognome è urlato dal pubblico con un'intensità superiore rispetto agli ultimi tre anni: Allegri ha finalmente invertito il rapporto con i tifosi. Chi 4 anni fa lo accolse con i fischi ora teme la sua partenza. Ma così non sarà: rimarrà, Allegri (e Marotta conferma) perché vuol diventare il primo nella storia a vincere 5 scudetti consecutivi (il record di 4 lo condivide con Carlo Carcano). Ha garantito alla società «la volontà di rimettersi in discussione», ma di contro chiederà, nell'incontro della prossima settimana, un mercato all'altezza delle ambizioni («C'è sempre la paura e il pericolo di non trovare giocatori in grado di sostituire chi parte, ma la società è capace e lo ha sempre fatto», avvisa Allegri). È necessario ringiovanire la rosa più vecchia della serie A (29,1 anni di media), migliorandola. Oltre agli arrivi di Caldara e Spinazzola, e il rientro di Pjaca, che «completerà l'attacco», Allegri chiede 5 colpi di livello internazionale, perché «non è semplice migliorare questa rosa», ma è un dovere non procrastinabile. Il primo colpo è Emre Can, per cui Marotta ammette di essere «molto ottimista». Il secondo potrebbe essere Morata, anche se secondo il ds «le possibilità sono ridottissime». Il terzo un centrale, soprattutto se dovesse partire Benatia (lo corteggia il Marsiglia): il preferito è Gimenez, dell'Atletico. E poi Darmian, insieme ad uno tra Pellegrini, Cristante e Bonaventura. Questi cinque sono la torta, sopra la quale Allegri spera di posare la ciliegina, un giocatore che possa cambiare volto alla squadra: Verratti, o meglio, Milinkovic-Savic. di Claudio Savelli