Russia 2018, Tedeschi all' inferno: ma un saggio di Welte li riporta in paradiso
Per affrontare e superare al meglio una sconfitta bisogna prenderla con filosofia. I calciatori tedeschi appena eliminati dal Mondiale farebbero bene a sfruttare il tempo libero a disposizione per leggersi il libro del teologo tedesco Bernhard Welte, La filosofia del calcio (Morcelliana). Certo, l' eliminazione per loro è stata un inferno, ma il pensatore allievo di Heidegger invita a guardare a questo sport come a «un' oasi di eternità», un' estasi che ci concede una forma terrena di redenzione. Nei due saggi che compongono il libro, scritti in occasione dei Mondiali del 1974 e 1978, Welte analizza la razionalità filosofica del calcio, sport fatto di regole e disciplina, ma non per questo gioco deterministico che limita le scelte del singolo. Al contrario, secondo Welte, nel calcio viene messa in questione la libertà dell' uomo, nel suo sforzo di cooperare, insieme alla squadra, al bene comune; e nella sua capacità di convivere con la squadra rivale in uno stesso spazio, trasformando i nemici in avversari. In tal modo il calcio configura una sorta di società utopica, nella quale le leggi sono condivise e rispettate, i trasgressori puniti, gli egoismi superati a vantaggio degli interessi collettivi. Si tratta, secondo il cattolico Welte, di un assaggio di Paradiso, di un'«anticipazione della vita sperata», anticamera escatologica del regno di Dio. Questa beatitudine momentanea è possibile anche perché il calcio restituisce l' essere umano alla dimensione del gioco puro, lontana dalla serietà dell' esistenza, un ambito ludico privo del peso e della fatica del quotidiano. Da questo punto di vista, il calcio è analogo alla musica, capace come quella di creare spazi liberanti dalle logiche dell' utile, in cui la vita si fa lieve, diventando nient' altro che suono e divertimento. Tanto è vero che, in inglese e tedesco, le parole «suonare» e «giocare» sono espresse con lo stesso verbo: to play, spielen. È interessante osservare come queste riflessioni siano affini a quelle di uno dei più grandi pensatori tedeschi viventi, il Papa emerito Benedetto XVI. Nel testo Gioco e vita scritto alla fine degli anni '70, l' allora arcivescovo Ratzinger notava come l' uomo non si vive di solo pane, perché ha bisogno anche del gioco, di quella sfera della libertà che si esprime a pieno nel calcio. Non a caso, sottolineava, «nell' antica Roma la parola d' ordine della massa era: panem et circenses, pane e circo». Solo muniti di entrambi «supereremo la vita in direzione del paradiso perduto». di Gianluca Veneziani