Luigi Di Maio, l'ultimo capolavoro del grillino: come vuole cancellare il calcio in Italia
Le buone intenzioni del vicepremier e ministro del Lavoro Luigi Di Maio che lo guidano nella lotta alla ludopatia sembrano avere un nemico coriaceo: la realtà dei fatti. Cancellare con un tratto di penna ogni tipo di pubblicità e di sponsorizzazione legato al gioco, qualunque gioco che preveda una vincita in denaro, per combattere gli eccessi, vuol dire far perdere allo Stato 700 milioni di mancato gettito in tre anni, oltre a cancellare il budget di 200 milioni all' anno che le società di giochi e scommesse investono in sponsorizzazioni e prevalentemente, 120 milioni, nel calcio. Bwin è sponsor dell' Inter, Betfair è legata alla Juve, Snai alla Roma e al Milan, Planetwin365 va a braccetto col Napoli, Eurobet con il Cagliari, Lazio, Sampdoria, Genoa e Udinese. E il gioco del pallone si impoverirebbe anche attraverso il minor valore dei diritti tv, è stato calcolato, per 70 milioni. Le lobby legate alle scommesse stanno smuovendo mari e monti per tentare di ridimensionare la portata dell' iniziativa pentastellata e non senza argomentazioni ragionevoli e di buon senso. Come quelle portate avanti da Moreno Marasco, country manager di Bwin e presidente dell' associazione delle società on line di gioco legale Logica. Senza pubblicità, è la sua posizione, si fa un favore al gioco illegale. RACCOLTA LEGALE Ha detto Moreno al quotidiano Il Messaggero: «La pubblicità fatta dai concessionari pubblici di scommesse on line, serve a distinguere i marchi legali da quelli illegali». L' utente dunque quando vede su un cartellone o stampato sulla maglietta di un giocatore il nome di una società di giochi sa per certo che si tratta di un' azienda che raccoglie scommesse legalmente. Senza questo distinguo i tanti modi alternativi che si possono trovare per raggiungere gli appassionati mettono tutte le società nello stesso calderone. «I giochi non sono come il fumo, non fanno male di per sé», dice ancora Moreno. «Sono come l' alcol, possono danneggiare se se ne abusa. Ma allora per evitare una evidente disparità bisognerebbe vietare anche lo spot delle birre». È stato calcolato che con lo stop della pubblicità del comparto, la raccolta delle imposte, come detto, diminuirebbe per 700 milioni. Ma non si può liquidare così la vicenda. ECONOMIA SANA «Lo stop alla pubblicità e sponsorizzazioni sul gioco d' azzardo è il primo passo per far rientrare questo settore nella normalità. Una liberalizzazione che nel 2017 ha portato gli italiani a gettare nel vortice del tentar la sorte 102 miliardi di euro l' anno con solo 9 miliardi di entrate per lo Stato. Un sistema che erode sempre più il reddito delle famiglie, con danni pesanti anche per l' economia sana e produttiva», ha detto ieri Davide Zanichelli, parlamentare del Movimento e membro della Commissione Finanze. La posizione pentastellata sottolinea quindi come ogni euro utilizzato per il gioco è un euro in meno speso nell' economia «sana». Una posizione che però ha più di una falla. Sia perché anche l' industria del gioco fa parte di detta economia con relativa creazione di posti di lavoro, sia perché questo ragionamento riduce la questione ai soldi. Se è la patologia a preoccupare il governo, come è giusto che sia, è necessario concentrare gli sforzi sull' abuso del gioco e aumentare le protezioni verso i minori. Vietare gli spot potrebbe servire davvero a poco. Come è successo alle sigarette, per esempio. Fanno male, e anche molto. Eppure la pubblicità sulle bionde è stata vietata ma i fumatori sono sempre lì, imperterriti, ad accendersi una cicca. Tanto che tra Iva e accise lo Stato incassa circa 16 miliardi l' anno. di Antonio Spampinato