Antonio Conte resuscita pure i morti: la fenomenale partita contro il Lecce. I nerazzurri sono rinati
Una partita è un indizio, ma quando è convincente come quella disputata dall' Inter contro il Lecce potrebbe anche essere una prova dei cambiamenti. Tra questi ultimi, spicca il rendimento delle vecchie conoscenze nerazzurre, di gran lunga oltre gli standard del passato. Principale artefice dell' impennata è Antonio Conte, re Mida della panchina, colui che trasforma in oro ciò che tocca, soprattutto ciò che sembrava ormai arrugginito. Come sia possibile, lo ha spiegato il diretto interessato nel post partita: «Il collettivo valorizza il singolo, non viceversa». È il patto che Conte stipula con i calciatori: lui fornisce un copione che gli attori sono chiamati a imparare a memoria e recitare con passione, in cambio diventeranno delle star, perché il copione è garanzia di successo. Il primo a beneficiarne è Candreva, e non per caso. Nella rosa era il più sfiduciato, dopo un anno passato ai margini. Era il prototipo di calciatore perfetto per il metodo Conte, perché ne conosceva i principi di gioco (lo aveva avuto in nazionale), era disponibile a rimettersi in gioco con un cambio di ruolo (da ala a esterno a tutta fascia), aveva accumulato un sentimento di rivalsa e non aveva nulla da perdere. L' effetto Conte su Candreva è certificato da una prestazione pressoché perfetta: 50 passaggi riusciti su 54, 8 palloni recuperati, zero scelte sbagliate e il fenomenale gol. Rete che certifica una rinascita psicologica prima che tecnica, perché un tiro da 30 metri, non lo provi se non sei in fiducia, e se lo provi lo stesso è probabile che finisca in curva. L' altro migliore in campo è stato Brozovic, che non deve rinascere essendo stato uno dei top nella passata stagione (e di questo va dato atto a Spalletti), ma che è chiamato al definitivo salto di qualità. In questo caso, la mano di Conte è più tattica che psicologica: il centrocampo a tre consente infatti al croato di essere più protetto, e la presenza di un giocatore associativo come Sensi lo sgrava di una parte di compiti di impostazione. Non solo: con l' ex Sassuolo, Brozovic può scambiare la posizione e avanzare quindi il raggio d' azione, il che lo porta a tirare e, visto che la balistica non gli manca, a segnare. Come contro il Lecce, una volta, quasi due. VECCHI E NUOVI L' impalcatura tattica di Conte valorizza poi i due vecchi terzini titolari. Asamoah ha ritrovato le vecchie abitudini come esterno, e ha smentito i dubbi sulla sua tenuta fisica, pendolando sulla fascia con continuità. Per inciso, è lo stesso percorso che può intraprendere Biraghi, ormai nerazzurro (in prestito secco dalla Fiorentina, mentre Dalbert vestirà viola con la stessa formula). D' Ambrosio, invece, è diventato un terzo di difesa, posizione che mette in luce i suoi punti di forza come la pulizia nei contrasti e la disciplina tattica. Lo stesso si può dire di Ranocchia, che nella difesa a tre è meno esposto al rischio. La rivalutazione dell' usato è ben avviata, ma non può dirsi completa: Vecino, su tutti, non ha convinto, ma giocando da mezzala al fianco di due giocatori di qualità potrà (e dovrà) sfruttare le sue doti di inserimento. Skriniar e Lautaro sono invece chiamati ad assestarsi in nuove dinamiche, come la linea difensiva a tre e l' attacco con il doppio centravanti. Il primo sta ancora prendendo le misure al ruolo, il secondo deve affinare l' intesa con Lukaku. A proposito, la mano di Conte è anche quella del suo staff, se è vero che il belga ha mostrato già una discreta condizione atletica, nonostante la preparazione ridotta. Fuori dal campo, sono due le novità. La prima è che non sarà più suonato l' inno "Pazza Inter amala" prima delle gare interne. La seconda è che ieri Icardi ha incontrato Marotta e Zhang che gli hanno ribadito l' esclusione dal progetto. E ora? La Juve? Lo scambio con Dybala? La tribuna? di Claudio Savelli