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Milan, via Boban e Maldini: arriva Rangnick per essere il nuovo Sacchi. Il nuovo progetto del fondo Elliott

Francesco Perugini
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Fedeli fino all'ultimo ai propri colori, questa potrebbe essere una definizione di bandiere. E tali sono Zvonimir Boban e Paolo Maldini che ieri, insieme a Ricky Massara, si sono presentati a Milanello alla vigilia della semifinale di Coppa Italia (poi rinviata) in casa della Juventus. Il destino del Cfo croato è ormai segnato - sarà addio dopo la sfida dell'Allianz Stadium - e dovrebbero seguirlo l'ex capitano e il ds. Nel futuro del Milan c'è Ralf Rangnick, scelto e contattato dall'ad Ivan Gazidis per costruire un progetto sui giovani come quello che ha portato il Lipsia ai vertici della Bundesliga con il suo credo sacchiano.


È lo stesso Rangnick, 61 anni, a raccontare in un articolo per The Coaches' Voice la genesi delle sue idee calcistiche, dalle analisi degli allenamenti di pallavolo - mentre studiava astrofisica in Inghilterra -, all'incontro folgorante con Valeri Lobanovskyi. «Sembravano 13 o 14», pensò dopo un'amichevole da allenatore-giocatore in un club dilettantistico contro la Dinamo Kiev nel 1983. È un colpo di fulmine per un giovane tecnico che inizia a elaborare una filosofia rivoluzionaria per il calcio tedesco. Non ci sono libri, non ci sono nemmeno le parole per raccontare quello che nel frattempo conquista l'Italia. Da lì gli arrivano le videocassette del Milan di Sacchi che divora, poi porta la moglie nel ritiro alpino del Foggia di Zeman.

PROMOZIONI E SUCCESSI
Con la sua innovativa zona-pressing Rangnick porta il piccolo Ulm fino alla Bundesliga e si fa conoscere. Lo chiama lo Stoccarda, poi l'Hannover con cui conquista una promozione e lo Schalke. È al vertice ma accetta un altro progetto quasi folle, da far impallidire i sogni del Milan di oggi che cerca un nuovo Sacchi. Lo chiama l'Hoffenheim del discusso milionario Hopp in terza serie: seguono due promozioni e la rottura per divergenze sul mercato. Perché Rangnick ha bisogno di fare tutto da solo, senza condividere la responsabilità con nessuno. Torna così allo Schalke dove si prende la sua rivincita: conquista una Coppa di Germania e le semifinali di Champions 2011 (2-5 all' Inter a San Siro nei quarti), finché pochi mesi dopo le dimissioni per stress. Proprio come il maestro Arrigo ai tempi di Parma. «Mi dimenticavo persino di mangiare», ha raccontato poi assicurando di avere imparato a conciliare l'ossessione per il gioco con la quotidianità.

Lo chiamano "The Professor" da quando spiegò in diretta tv il suo credo fatto di possesso palla e tanto pressing - la palla va recuperata entro otto secondi -, e nato da un approccio multidisciplinare: ha studiato le verticalizzazioni con un allenatore di hockey, ha assunto tra i primi degli psicologi nello staff e ha puntato sulla tecnologia. Al Lipsia ha introdotto il Soccerbot, una gabbia digitale che permette di rivivere le partite giocate attraverso una simulazione computerizzata. La Red Bull è stata la sua seconda vita: anche qui un progetto con tanti fondi - e il Milan di Elliott è una delle squadre ad aver speso di più sul mercato - con la voglia di diventare grande in fretta.

TALENT SCOUT
Ha ricominciato come ds, poi nel 2016 si è preso la panchina del Lipsia e la Bundesliga. Nel 2018/19 il bis con la qualificazione in Champions League. Nel frattempo ha disegnato il futuro: per lui c'è la poltrona di Head of Sport and Development Soccer delle lattine austriache. Sul campo ci va Julien Nagelsmann, uno dei tecnici della nuova generazione cresciuta con le idee di Rangnick. Maestro di allenatori e scopritore di talenti, nella sua bacheca figurano Firmino (all'Hoffenheim), Mané, Werner, Keita, Upamecano, Dani Olmo e Haaland (consigliato al Salisburgo). Nomi da sogno scovati con grande anticipo e portati a grandi livelli: tutto quello che Gazidis - e il fondo Elliott - chiedono per il Milan.

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