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Juventus, altro che quarantena: fuga di massa nonostante il coronavirus

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Sono stati definiti «irresponsabili», coloro che avevano lasciato la zona gialla del Nord Italia per scappare al Sud da genitori e parenti. Forse volevano sfuggire al contagio o solo alle restrizioni, ma in realtà - pur non violando alcun regolamento - hanno messo a rischio i loro cari lontani dai focolai più difficili. A questo elenco si iscrive Gonzalo Higuain, attaccante della Juventus scappato in Argentina con la famiglia al termine del periodo di isolamento volontario, quello intrapreso da 121 tesserati della società bianconera, compreso il presidente Andrea Agnelli, in seguito alla positività del difensore Daniele Rugani riscontrata mercoledì scorso. Il risultato era arrivato a quasi 72 ore da Juventus-Inter, spingendo anche la società nerazzurra a scegliere l' isolamento domiciliare per i suoi giocatori.

un viaggio complicato Nella notte tra mercoledì e giovedì, il Pipita si è presentato insieme con la famiglia all' aeroporto di Caselle per prendere un volo privato per il Sudamerica. I collegamenti dall' Italia sono bloccati e il giocatore ha dovuto programmare un itinerario complicatissimo tra Francia, Spagna e Argentina. La polizia aeroportuale - che in questi giorni controlla i pochissimi arrivi e partenze dallo scalo torinese - ha fermato il giocatore. La punta argentina ha dimostrato attraverso una certificazione medica la negatività al tampone: un test che, nonostante non siano passati i canonici 14 giorni di "quarantena", escluderebbe qualunque pericolo. Tutti i tesserati della Juve, infatti, sono stati sottoposti all' esame per verificare un eventuale contagio, ma la società aveva deciso di comunicare solo nuovi eventuali casi positivi, come quello del francese Blaise Matuidi.

Higuain aveva avvisato la società bianconera prima di partire, pur non avendo bisogno di autorizzazioni visto che gli allenamenti sono sospesi almeno fino al 26 marzo (anche se i club di serie A potrebbero varare oggi lo stop all' attività per tutti fino al 4 aprile). Dietro la decisione di lasciare il J-Hotel alla Continassa, ci sarebbe motivi di «ricongiungimento famigliare».

il problema del rientro L' attaccante - che pure nei giorni scorsi era stato testimonial sui social della campagna donazioni delle Juventus per sostenere la lotta contro il nuovo Coronavirus - voleva di raggiungere la madre malata a Buenos Aires. La stessa motivazione che aveva spinto Cristiano Ronaldo, subito dopo il derby d' Italia, a traslocare la famiglia in Portogallo. CR7 si era recato sull' isola di Madeira per stare vicino a mamma Dolores, ricoverata da diversi giorni per un ictus, approfittando del giorno di riposo e poi usufruendo di un permesso per motivi speciali prima dello stop all' attività per il caso-Rugani. E come loro hanno fatto anche Pjanic e Khedira, partiti anch' essi appena possibile per ricongiungersi alle famiglie rispettivamente in Lussemburgo e in Germania.

In Argentina i primi casi sono stati registrati poco più di una settimana fa. Nel Paese sono state poste importanti restrizioni alla vita pubblica - tra cui lo stop anche alla consumazione del mate, una tradizione cara anche a Papa Francesco. L' Afa ha stoppato l' attività calcistica giovanile fino al 31 marzo, mentre il campionato di pallavolo è stato bloccato prima dei playoff.

Come i tanti giocatori americani di basket e pallavolo che hanno lasciato il nostro Paese negli ultimi giorni, ora il problema si sposta sulla data del rientro. Se la situazione dovesse normalizzarsi e gli allenamenti riprendere come previsto a inizio aprile - in vista della ripresa del campionato a maggio - i calciatori bianconeri che si trovano all' estero dovrebbero trovare il modo di rientrare in Italia con il blocco dei collegamenti aerei. E, se così venisse disposto dalle autorità, potrebbe essere costretti a un nuovo periodo di isolamento.

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