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Serie A, la Lazio contro il divieto per i giocatori di tornare ad allenarsi nei centri sportivi

Claudio Savelli
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L' articolo che approfondiva le decisioni del governo in tema di sport su queste pagine conteneva qualche passaggio contraddittorio. Di questo, un buon giornalista si scusa, ma si permette anche di far notare che il decreto su cui era basato è stato scritto con i piedi ed è stato spiegato in tv anche peggio. Nella serata di domenica, il premier Conte ha infatti annunciato che gli allenamenti degli atleti professionisti o riconosciuti dal Coni sarebbero potuti ricominciare dal 4 maggio, ma poi a stretto giro, il ministro dello Sport Spadafora ha puntualizzato che «ci sarà il via libera agli sport individuali, non agli allenamenti individuali. Per gli sport di squadra bisognerà attendere». Tutto vero, in tutte le sue contraddizioni. Sono concessi gli allenamenti nei centri sportivi ai professionisti (o riconosciuti come tali dal Coni) di sport individuali, ma non ai tesserati altrettanto professionisti delle squadre, nonostante questi ultimi si possano anche allenare individualmente negli impianti dei rispettivi club. Molti dei quali, per altro, sono già predisposti per rispettare i protocolli. Non ha senso e il calcio se n' è accorto. Igli Tare, ds della Lazio, in attesa di capire cosa faranno Juve e Inter («Prendano posizione») si fa portavoce del malcontento: «Il ministro dello Sport dice che bisogna pensare alla salute ma poi si fanno correre i calciatori nei parchi. Non so quale sia il suo scopo, di certo non è aiutare il calcio. Viste le decisioni prese per gli altri sport, ci sentiamo discriminati». In effetti, Federica Pellegrini potrà farsi aprire una piscina, mentre Lautaro deve accontentarsi di Parco Sempione. Meno dubbi su Cristiano Ronaldo, ma solo perché rientra oggi a Torino e dovrà fare a casa 14 giorni di quarantena.

Secondo l' avvocato Mattia Grassani non abbiamo interpretato male. «La lettura della disposizione dà poco spazio a versioni di comodo o di parte, a prescindere dalla condivisibilità nel merito». Mentre «le ragioni di questa scelta non sono facilmente comprensibili, lo riconosco», e nemmeno la soluzione finale, «che non condivido, ma forse si è pensato che per gli atleti degli sport di squadra ci fossero difficoltà di attuazione pratica. Sarebbe stato più opportuno individuare specifiche modalità di gestione di allenamenti individuali anche per loro». Il suo collega Antonio De Rensis, legale di lungo corso nel mondo sportivo (fra gli altri, anche della famiglia Pantani), sostiene che il problema è il distacco dalla realtà dei governanti: «Bisognerebbe conoscere, oltre che i laboratori, anche la strada, dove succedono le cose. L' ultimo decreto evidenzia che probabilmente non si ha la conoscenza di cosa sia un centro sportivo come quello della Juve, della Lazio, dell' Inter: sono i luoghi più sicuri in cui un atleta possa allenarsi in questo momento. Ma il ministro è andato a vederli?». I rischi sul suolo pubblico crescono anziché ridursi, e sono sanitari ma anche legali: dovesse farsi male, l' atleta, che tutela avrebbe? E quale i club di appartenenza e gli sponsor? «Sarebbe opportuno che le decisioni venissero prese conoscendo la realtà e magari consultando un numero di esperti inferiore», aggiunge De Rensis.
In serata, via Facebook, Spadafora svaria a tutto campo: «Non c' è alcun complotto contro la serie A e con la ripresa degli allenamenti il 18 maggio non vuol dire che riprenderà il campionato: siamo a fine aprile, la Figc parla di metà giugno: un tempo lunghissimo» (provocando l' ira della Lega di A: "ci vogliono 4 settimane per rimettere in condizione i calciatori e oltre il 14 giugno non si riparte più", il pensiero dei club, ma il Brescia si sfila). Per finire con il protocollo medico: «Sarà perfezionato». Quello stesso protocollo che riteneva «di grande valore» come svela il capo degli arbitri Nicchi. La Figc è stata colta di sorpresa, ma il presidente Gravina si mostra collaborativo: «Lavoriamo per far ripartire il calcio in sicurezza, non per farlo ripartire e basta. Il protocollo è rigoroso, ma siamo pronti a migliorarlo, per avere il via libera al 18 maggio». Suona come un avviso: incassiamo il colpo, ma la pazienza sta per finire.

La Figc attende in difesa e restituisce la palla al ministero. Il quale, però, prende tempo. Per Nicchi «non si è ancora capito chi prende le decisioni e chi deve farlo», secondo De Rensis «lo sport, in questo momento, dipende totalmente dalle decisioni politiche ma è arrivato il momento delle scelte: il calcio può ripartire o no? La politica si deve assumere la responsabilità di decidere, in un senso o nell' altro, non consultarsi all' infinito. Vale anche oltre lo sport: si sta continuando a prendere tempo con il rischio che tra poco non ce ne sia più. Grazie ai cittadini e agli operatori sanitari la situazione è migliorata, vuol dire che c' è senso di responsabilità, ma bisogna dare fiducia con i fatti».
Navigare a vista fa male non solo alla A, ma pure alla B e alla Lega Pro, che vivono «una situazione drammatica. Rischiamo (De Rensis è anche dg del Siena, ndr) di veder decimati i club: fare calcio è faticoso, difficilissimo, le risorse pochissime. Questo è il colpo di grazia». E più si attende, peggio sarà.

 

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