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Wimbledon, Matteo Berrettini s'illude ma Djokovic è disumano: appuntamento col primo Slam solo rimandato

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Novak Djokovic non è umano. Non servivano conferme, ma sono comunque arrivate anche nella finale di Wimbledon, che gli consentono di agganciare Nadal e Federer a quota 20 Slam vinti: presto li supererà perché niente e nessuno può fermare questo tennista straordinario, senza punti deboli, forse il più forte e completo di sempre. Onore a Matteo Berrettini, il primo italiano di sempre a scendere sul centrale di Wimbledon per una finale. 

Il romano ha giocato una gran partita, ha pagato qualche errore cruciale, ma ha poco da rimproverarsi al cospetto di un Djokovic semplicemente di un altro pianeta, capace di disinnescare anche le armi più affilate di Berrettini, quelle riconducibili al servizio e al dritto. E dire che nel primo set era successo un mezzo miracolo, con Matteo che dopo un inizio difficile si è sciolto e ha iniziato a giocare del gran tennis: e così sul 5-2 per Nole, ha salvato un set point e poi ha iniziato a martellare l’avversario, conquistando il tiebreak per 7-4.

Nel secondo set, però, Berrettini ha perso di nuovo il servizio nelle battute iniziali e poi ancora nel terzo game. Riuscito a risalire fino al 5-4, si è dovuto arrendere 6-4 alla classe e all’esperienza di Djokovic, sempre glaciale quando si tratta di giocare punti pesanti. Nel terzo set Matteo è rimasto attaccato alla partita e c’è stato un momento in cui poteva provare a cambiare l’inerzia: avanti 3-2, 40-15 sul servizio di Djokovic, non è riuscito a trasformare i due break Point e alla fine ha ceduto di nuovo 6-4. 

Nel quarto set ancora Nole ha gestito la partita in maniera sublime, confermano di essere ingiocabile per chiunque: ha preso qualsiasi cosa, ha fatto un break e sul 5-3, servizio Berrettini, è arrivato a giocarsi due match point, che Matteo è stato bravo a salvare. Al terzo però a sbagliare è proprio il romano, che manda la palla in rete e consente a Djokovic di vincere il sesto titolo a Wimbledon, il terzo consecutivo. 

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