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Alberto Zaccheroni, doppio ex di Bologna e Milan: "Qual è il segreto di Stefano Pioli"

Lorenzo Pastuglia
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Bologna e Milan non sono solo due squadre della sua carriera, ma è anche la sfida del suo grande amico Mihajlovic contro Pioli, alla panchina numero 100 in rossonero e pronto a spodestarlo dalla top-10 degli allenatori con più presenze nel Diavolo. Ma Alberto Zaccheroni, 68 anni, non si dispiace, e fa i complimenti sia a Stefano che all'altro amico: Paolo Maldini. Anche ex di Inter e Juve, Zac dedica un pensiero pure al "Derby d'Italia" in arrivo.

Cosa le dicono queste prime otto giornate?

«Che ci sono squadre in crescita come la Juve e altre in calo come la Roma. Allegri intelligentemente si è rifugiato nel 4-4-2 che gli garantisce più copertura, mentre i suoi giocatori stanno entrando in condizione. Poi ci sono Napoli e Milan, che si stanno meritando la vetta della classifica. Mi aspetto una bella lotta a quattro fino alla fine».

Rispetto all'anno scorso il Milan è partito meglio, se l'aspettava?

«Sì, ma non con un copione così diverso. L'anno scorso i giocatori stavano di più nella metà campo avversaria, oggi verticalizzano, costruendo dal basso e arrivando più lentamente. Sono la squadra più imprevedibile in assoluto di A. Pioli ha trasmesso fiducia ai giocatori, che si cercano sempre, si sentono importanti, dinamici. Anche Leão non pensa più a se stesso».

Chi per lei sta facendo la differenza? «All'inizio Tonali, che però nelle ultime gare è un po' calato. Mi ha sorpreso molto Saelemaekers, che non corre più da solo, ma si accentra molto più. Mi aspetto una crescita da Kessie, lontano parente di quello dell'anno scorso».

 

 

La netta sconfitta di Porto può condizionare?

«Se il Milan esce dalle competizioni non è positivo, anche perché l'organico è stato allargato proprio per l'Europa. Ma la squadra saprà non farsi danneggiare mentalmente. Piuttosto, mi preoccupano tutti questi infortuni».

Ha allenato Maldini, oggi d.t. rossonero. Era convinto che avrebbe fatto bene anche fuori dal campo?

«Sì, Paolo è bravissimo a gestire l'ambiente. Da giocatore, in spogliatoio, insegnava il rispetto ai giovani parlando non davanti a tutti, ma in privato. Il primo che arrivava, l'ultimo che andava via. Finora ha azzeccato tutti gli acquisti con Massara».

A Bologna allena un altro suo grande amico: Mihajlovic. Ci racconta un aneddoto?

«Lo ricordo ai tempi della Lazio, quando aveva il crociato sinistro rotto. Un giorno arrivai prima nello spogliatoio, lui aveva anticipato tutti, anche i fisioterapisti, e si era messo in palestra a palleggiare con la palla, per poi tirarla a canestro facendola rimbalzare. Ogni tiro, la metteva dentro. Gli chiesi con quale piede stesse tirando. E lui: «Col destro, io sono nato con questo, mister». E io che pensavo fosse solo mancino».

 

 

Col Milan vinse lo scudetto nel 1999 sulla Lazio. Quale partite ha più nel cuore e quale vorrebbe rigiocare?

«Ricordo lo stress di Perugia al gol di Nakata. Allora dovevamo vincere per prenderci il campionato. Ma fu una gioia, come la vittoria al Camp Nou nel 2000. Lì diedi fiducia a Dida, nonostante in molti lo dessero per spacciato dopo l'errore di Leeds. Mi prendo il merito di averlo rigenerato. La sconfitta a Istanbul contro il Galatasaray il rammarico più grande, non riuscii a tenere la squadra alta».

È anche ex di Inter e Juve, pronte al duello domani. Come finiscono il Derby d'Italia e Bologna-Milan?

«La Juve è in ripresa, anche mentale. Dell'Inter ero malato da piccolo, poi a 16 anni sono diventato amante del bel-gioco. Dico pareggio con gol. A Bologna, se Ibra sta bene fa la differenza, ma senza Rebic è dura, dato che così bene in carriera non ci ha mai giocato. Se il Bologna spezza l'intensità di gioco del Milan, allora può dire la sua». 

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