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Mario Sconcerti, "prendete Gigio Donnarumma...": bomba sul portiere, perché l'Italia è nei guai

Lorenzo Pastuglia
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“Con la Svezia fummo eliminati dai Mondiali quasi naturalmente, oggi c'è grande stupore perfino nell'essere in dubbio davanti all'ultima partita. Perché abbiamo diritti, non veniamo da lontano. Siamo stati i primi appena quattro mesi fa. Bene. È possibile che prima dimentichiamo l'evenienza e prima ci qualificheremo ai Mondiali”. Firmato Mario Sconcerti, nel suo consueto editoriale sul Corriere della Sera: “Il calcio è pieno di storie come la nostra. L'Italia campione del mondo non si qualificò per gli Europei successivi. Il calcio non ha ricordi, pretende meriti oggettivi che oggi l'Italia non ha — aggiunge l’ex opinionista di Sky Sport — L'Italia sapeva giocare, lo ha fatto molte volte, quindi in teoria all'infinito. Non credo sia un problema psicologico, questa è una squadra di veterani, in queste partite crescono, non fuggono”.

 

 

 

 

Da Jorginho a Donnarumma - Ma, al contrario, il problema “è di tipo fisico e di qualità naturale — prova a identificarlo così, Sconcerti — Nel gergo di oggi, adesso abbiamo pochi anticorpi. Sono peggiorati quasi tutti i migliori. Non parlo di Chiesa e Insigne, che hanno il diritto di avere un andamento collinare, sono gente che vive sul difficile, non può riuscirci sempre. Parlo di vecchi professionisti solidi come Acerbi, ora dondolante come un ragazzino al primo appuntamento”. Un po’ come Donnarumma “cancellato dalla sua scomposizione, o come Jorginho, arrivato quasi in silenzio in un luogo tecnico che non sapeva esistesse e si è come spaventato di essere lassù — dice ancora l’opinionista — La condizione la vedi dai dettagli, se non ce l'hanno le seconde linee, quelli su cui conti sempre, vuol dire che anche gli altri andranno tutti sotto il livello. Detto questo c'è qualcosa che ci dobbiamo aspettare? Direi di sì”.

 

 

 

 

 

 

“Siamo con voi chiunque siate oggi” - A Belfast, oggi, “non bisogna essere eroi per portar via la partita — spiega ancora Sconcerti nel suo editoriale — Sarà forse sufficiente giocare a calcio nel suo senso biblico, cioè correre, picchiare e ricordarsi di tirare in porta, cosa che facciamo sempre più svogliatamente. La posta della gara non è identificabile, non andare ai Mondiali sarebbe una scomodità inaudita che costerebbe qualche punto di Pil a una Nazione che pensa ormai al commerciale”. E non solo, sarebbe anche “un dolore personale poco sopportabile — conclude — Sappiamo di non poter pretendere niente, sappiamo che siamo come gli altri, ma per il tempo di una gara vorremmo tutto. Non datecelo, cercatelo. Siamo con voi, chiunque siate oggi”.

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