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Inter, ecco perché Inzaghi è come Mourinho: cosa vogliono da lui

Claudio Savelli
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L'Inter ha lasciato un anno di rodaggio a Simone Inzaghi e ora chiede venga restituito con gli interessi, ovvero con quei punti in più portati dall'allenatore. Due di questi sono arrivati in quel di Lecce e sono gli stessi che i nerazzurri hanno pagato dal Milan campione d'Italia lo scorso anno: chi ben comincia non è forse a metà dell'opera? Si dice anche che tre indizi facciano una prova, allora Inzaghi si è portato avanti: ha cambiato tono, contenuti e modo di gestire la partita. Tre aspetti su cui peccava lo scorso anno e su cui sembra aver lavorato in estate, a riflettori spenti, studiando forse un Vate portoghese che all'Inter ha fatto grandi cose. Il nuovo Inzaghi (indizio numero 1) protegge la rosa che allena. E non lo fa con mezzi termini: «La rosa non si tocca». $ netto, perentorio, assoluto. Una stagione fa aveva preso l'Inter come un dono, ora si crede (a ragione) artefice del suo valore, quindi difende ciò che ritiene suo. Non spreca più conferenze stampa e interviste limitandosi allo zero-a-zero che lascia tranquilli tutti: muove le acque. Si fa sentire. Propone un tema o un argomento di cui si parlerà. È la mouriniana tecnica per distogliere l'attenzione dal risultato in caso negativo o per sottolinearne l'importanza in caso di difficoltà oggettive. Il bello è che l'Inter chiede di più a Inzaghi che, in tutta risposta, comincia a chiedere di più all'Inter. Lo scorso anno è toccato a Marotta richiamare tutti al dovere di ambire allo scudetto.
L'impressione è che il mister abbia recepito i messaggi e voglia evitare che accada di nuovo.

 

 

 


Se prima puntava alla calma piatta, ora alimenta un senso di accerchiamento che ai tifosi ricorda il 2010: «Le altre squadre acquistano tutti i giorni mentre l'Inter è sui giornali per vendere. Questo mi fa sorridere. E poi siamo noi la favorita per lo scudetto?». Si è appuntato - segno di un'attenzione all'extracampo che non aveva - la prima pagina del quotidiano sportivo nazionale che riportava a galla la cessione di Skriniar e alla prima occasione l'ha tirata fuori come pretesto per chiedere rispetto. Non solo: la usa anche come leva per ribadire la sua posizione con la proprietà: non si vende. Non ora. Non più. Richiesta ribadita con un inequivocabile «non mi va di scherzare su questo argomento: la rosa deve rimanere questa» al netto del difensore mancante, di cui la società conosce le caratteristiche e ci sta lavorando».
 

 

INDIZIO NUMERO 2 Il nuovo Inzaghi (indizio numero 2) difende la squadra ma al contempo non le concede alibi. $ come se volesse sottolinearle che lo scorso anno è stata superficiale in alcuni passaggi della stagione, che sono costati poi il titolo. Chiede maturità, senza ammettere deroghe. Dopo la vittoria con il Lecce, pur esultando "alla Mourinho" con Maicon a Siena, innervandosi quindi nel gruppo che dirige, ha sottolineato una falla psicologica: «Dopo l'intervento su Lautaro ci siamo innervositi: una squadra come la nostra non può permetterselo. E non può ridursi a vincere una partita del genere al 95'». Tradotto: chi punta allo scudetto non può perdere la concentrazione, nemmeno per qualche minuto (vedi derby di ritorno dello scorso anno) e non può non sfruttare le numerose occasioni create (vedi tante partite dell'ultima stagione). Non può anche perché non è una squadra giovane: l'età media della rosa è di 27,6 anni e resta la più alta dell'intera serie A.
INDIZIO NUMERO 3 Il nuovo Inzaghi (indizio numero 3) pretende ma, in cambio, offre. Non è più scolastico. Cambia modulo e uomini, si schioda dal 3-5-2 per passare prima al 3-4-1-2 e poi al 4-2-4, con una difesa a quattro mai vista prima. Più che "alla viva il parroco" è anche qui "alla Mourinho": sfrutta tutta la rosa e i centimetri degli attaccanti negli ultimi minuti, quando gli schemi saltano. Tiene anche in campo Dimarco, avanzandolo da quinto per moltiplicarne i cross, perché se inserisci le frecce e ti privi dell'arco "sei un pirla". Finalmente rinuncia all'equilibrio tattico lavorando sulla psicologia. Intuisce che un punto a Lecce vale zero sul morale, quindi osa e invia segnali alla squadra che, dopo i cambi e nonostante il pareggio incassato, crea cinque occasioni da rete. Quando cerchi la fortuna anziché temere che premi l'avversario, il gol arriva. Anche al 95'.

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