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Conti pallonari in rosso. La Uefa vara l'austerity

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Pareggio di bilancio obbligato entro il 2018. Per farlo bisognerà investire sui giovani

Roberto Amaglio
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I Mondiali stanno giustamente monopolizzando l'attenzione degli appassionati di calcio e dei tifosi. I campionati nazionali, le vicende societarie e pure il tanto amato calciomercato sembrano di troppo in queste giornate di “Vuvuzelas” e football sudafricano. Tuttavia nelle agende politiche degli uomini Uefa c'è un punto all'ordine del giorno alquanto impellente, molto più importante della stessa rassegna internazionale: da salvare c'è infatti l'equilibrio economico delle squadre di calcio e, conseguentemente, di tutto il giocattolo “pallonaro”. Anche se nel silenzio dei media, sono passati solo un paio di mesi dallo sciopero ventilato dai giocatori spagnoli (l'85% dei club iberici erano in ritardo nei pagamenti degli stipendi) o dagli allarmi lanciati da molte società inglesi, alle prese con bilanci scricchiolanti o magnati ultramiliardari che, dopo aver investito tanti soldi, hanno intenzione di vendere senza ovviamente trovare compratori interessati. Se a questi aggiungiamo i problemi nostrani legati a investimenti da limitare (leggasi Milan) o aumenti di capitale obbligati (l'ultimo dell'Inter è dell'ottobre scorso), il quadretto europeo del calcio non è certamente dei più rosei. Proprio per questo Michel Platini, già lo scorso 27 maggio, ha varato delle linee guida per l'austerity nel calcio, le quali però dovranno ora essere applicate con dei giri di vite che faranno piangere molti club importanti. Obiettivo pareggio – Entro la stagione 2018/19 si dovrà centrare l'equilibrio tra ricavi e spese, traguardo al momento utopistico. I paletti sono abbastanza rigidi, anche se permettono alcuni “rossi” dal 2012 al 2015: dopo i prossimi tre anni di immobilismo, dal 2012 al 2015 le perdite dei club che possono permettersi degli aumenti di capitale potranno arrivare a un massimo di 45 milioni, con una media di 15 milioni all'anno. Più ridotto il margine (5 milioni all'anno), per chi non ha questa facoltà economica. L'unica pena per chi ha i conti in rosso è lo stop delle spese sul mercato. Dopo questa fase, bisognerà arrivare al pareggio di bilancio entro il 2018/19. E lì sì che saranno dolori. Carte da giocare – Tuttavia non ci sono solo lacrime e sangue. Le misure della Uefa offrono alcune soluzioni alle società per raggiungere il pareggio di bilancio. In primis l'esclusione dal conteggio delle spese degli investimenti dedicati agli Under 18 e alla costruzione di nuovi stadi: in pratica le somme impegnate in queste due voci non verranno conteggiate nell'allestimento del bilancio. Tutti d'accordo – A favore della svolta si sono già espressi in molti, anche se già si sta discutendo sull'eccezione spagnola, nazione in cui i versamenti dei soci delle SPA (Real e Barcellona, per esempio) vengono considerati non alla stregua di un aumento di capitale, bensì come ricavi. A parte questa diatriba destinata a durare in eterno, a preoccupare sono i primi tre anni di immobilismo: se davvero il giro di vite è necessario, perché attendere altri tre stagioni di spese pazze?

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