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Ong, ecco perché pure l'Italia pensa alla stretta

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 Giorgia Meloni

Stefano Re
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Non solo Giorgia Meloni non pensa ad alcun passo indietro, ma ha già in mente le prossime mosse in avanti, da fare assieme al ministro Matteo Piantedosi. A palazzo Chigi, infatti, c'è la convinzione che la presenza di così tante navi delle ong tra la Sicilia e l'Africa non sia causale, ma frutto di una strategia politica che mira a destabilizzare il governo.

 


Quando dice, in conferenza stampa, che «nuovi provvedimenti» per fermare l'immigrazione irregolare «ci saranno sicuramente», il presidente del consiglio si riferisce ad uno o più decreti che dovrebbero essere varati entro la fine dell'anno, per colpire proprio le ong che si renderanno complici degli scafisti. Al Viminale assicurano che non c'è ancora una bozza pronta, ma solo idee che prevedono «l'uso degli strumenti tradizionali che si usano in questi casi, come sequestri, confische e multe, da calibrare in modo opportuno».

 

 

Secondo fonti vicine al premier, si tratta di fare ciò che è già previsto nel programma di governo: in quello della coalizione si promettono «difesa dei confini nazionali ed europei» e «controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi», mentre in quello di Fdi, ancora più esplicitamente, è previsto il «contrasto alle attività delle ong che favoriscono l'immigrazione clandestina». Salvini chiede il ripristino del decreto sicurezza, introdotto nel 2018, quando lui era ministro dell'Interno, e abolito dal governo giallorosso nell'ottobre del 2020, per volontà di Giuseppe Conte e mano di Luciana Lamorgese. Il ritorno letterale a quelle norme è da escludere, ma la logica che ispirerà i nuovi provvedimenti sarà comunque punitiva nei confronti dei "taxi del mare". Ad essere colpiti non saranno gli immigrati, ma gli scafisti e le ong loro complici, tramite il sequestro delle imbarcazioni, multe pesanti ed inasprimento delle altre pene.

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