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La protesta del parrucchiere: "Se non mi fate aprire o muoio di fame o mi suicido"

Con il suo cartello sta facendo il boom di like sui social. Sopra c’è scritto: "Sono parrucchiere e lo Stato mi dà tre alternative: indebitarmi, morire di
fame, suicidarmi". Daniele Andrei, titolare del salone di hair stylist Daniele Infinity in via Stoppani a Milano, da giorni porta avanti la video-protesta della sua categoria, l’ultima a riaprire, insieme agli estetisti, perché così ha deciso il presidente del Consiglio nei suoi innumerevoli Dpcm. Ovvio che Andrei, come gli altri coiffeur, ha a cuore la salute
pubblica e mai metterebbe a rischio se stesso o i suoi clienti, infatti si è già dotato di mascherine, visiere, prodotti igienizzanti, termometro a infrarossi e sanificante per le poltrone, insomma di tutto pur di riaprire in sicurezza. Però fino a giugno (se va bene) non può lavorare e questo è un problema per lui e per i suoi colleghi.

Il premier Conte ha detto: prima viene la salute. I servizi di cura alla persona possono aspettare.
"Io ho aspettato buono per due mesi, ma a tutto c’è un limite. Il governo vuole che i parrucchieri si sparino in testa o che vadano a elemosinare in
piazza Duomo? Ci dessero degli aiuti concreti, poi. I sussidi per gli artigiani sono inconsistenti e non sono a fondo perduto per cui vanno a sommarsi ad altri debiti. Sì, ok, c’è il credito d’imposta ma con quello non  si mangia. Io ho un affitto da pagare del mio locale, ho le spese che non attendono. Serve liquidità vera, altro che chiacchiere. Telefonerò alla mia banca e chiederò 'il gesto d’amore' come annunciato da Conte".

Il suo negozio potrebbe riaprire il 4 maggio?
"Anche domani mattina. Non ho dipendenti e vado su appuntamento quindi posso gestire un cliente alla volta. Certo, la distanza di un metro non si può rispettare quando lavi e tagli i capelli, per questo mi sono già comprato tutto l’occorrente per operare in massima sicurezza. Posso pure 'sparare' il termometro sulla fronte all’ingresso se serve. Tutte spese che ho sostenuto da solo e mi chiedo, visto che bisogna avere tutto monouso, asciugamani, mascherine, guanti, spazzole sanificate, se lo Stato intende
risarcirmi di qualcosa o no. Ho perfino scritto al prefetto di Milano e all’assessore regionale Gallera".

Cosa le hanno risposto?
"Che bisogna aspettare. Ma intanto noi moriamo di fame. E nessuno si rende conto che il parrucchiere, molto spesso, è anche una sorta di psicologo e psicoterapeuta. I clienti vengono da noi per parlare. Io ne ho di tutte le età, qui a Porta Venezia. Le signore anziane o invalide non si lavano i capelli da sole e vogliono venire. Mi chiamano. Noi siamo anche un antidoto alla depressione".

Ci sarebbe anche una quarta alternativa da aggiungere sul suo cartello: lavorare in nero.
"Certo, il governo con queste continue chiusure rischia d’incentivare il sommerso. Ma non solo per noi: anche per colf, badanti, e per tutte le altre categorie penalizzate. Però, quello che non mi va giù è l’essere considerati 'untori': i parrucchieri non sono untori. Non trasmettono il virus. Teniamo presente che l’80% del nostro lavoro si svolge alle spalle del cliente e il 20% di fianco. Anche volendo starnutire in faccia è un po’ difficile...".

Daniele, lei che è del mestiere, cosa dice del colore dei capelli di Conte? Qualcuno ha obiettato che è troppo perfetto in questo periodo di quarantena…
"Ma si vede che è una tinta! Sono sempre tutti perfetti e ben pettinati i membri del governo. Soltanto il viceministro della Salute, Sileri, quello chiaro e un po’ cicciotto, a volte è un po’ arruffato, ma gli altri, come i personaggi della tv, hanno professionisti del trucco e parrucco che non hanno mai smesso di lavorare. Dunque se possono loro, con la mascherina e con le opportune precauzioni, perché noi no?".

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