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Inflazione, ora non si ferma più. Dal Pil al carovita, ecco che cosa cambierà

Il quadro congiunturale è rapidamente peggiorato nelle ultime settimane. Nel momento in cui si intravedeva una possibile normalizzazione dell’economia, legata a una fase meno emergenziale della pandemia, l’avvio della guerra in Ucraina ha riacutizzato le incertezze e il conseguente peggioramento delle prospettive inflazionistiche ha una natura per niente transitoria. Bisogna, dunque, attrezzarsi a fronteggiare una fase di forte decelerazione dell’attività economica. Questo è quanto si legge nella periodica analisi congiunturale di Confcommercio. Come ha detto Mario Draghi qualche giorno fa, non siamo in recessione. Il che tecnicamente è vero. Ma la situazione è tutt'altro che incoraggiante. La domanda a febbraio, rispetto allo stesso mese del 2020 è in calo del 10% e il recupero ai livelli prepandemici non è previsto prima del 2023. Il pil, che nel 2021 ci ha fatto sognare raggiungendo una crescita record del 6,6%, nel primo trimestre del 2022, secondo le stime di Confcommercio scivolerà del 2,4%, facendo sballare tutte le previsioni del governo, che in autunno prevedeva per il 2022 un pil addirittura al 4,7%. Ora la proiezione fino al termine dell'anno si ferma al 3,3%. Ma quello che preoccupa di più, anche perché è un fattore che peserà immediatamente sulle nostre tasche, è l'inflazione. A febbraio il dato provvisorio dell'Istat indica già un livello elevato al 5,7%. Ebbene, secondo Confcommercio il carovita a marzo salirà ancora, raggiungendo il 6,1%. Quello che accadrà lo sappiamo bene, perché lo stiamo già vedendo sulle bollette, la benzina e il cibo. I prezzi saliranno alle stelle, costringendo le famiglie a un esborso aggiuntivo che l'associazione dei commercianti quantifica in almeno 1.800 euro all'anno. Una pesantissima tassa che si aggiungerà a quelle, salatissime, che il governo continua a promettere, senza alcun risultato, di voler sforbiciare.

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