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Covid19, pneumologa: sanità lombarda vincente, territorio carente

Milano, 30 apr. (askanews) - La sanità lombarda come uscirà dal COVID-19, vincente o sconfitta? Risponde Federica Poli dirigente medico di un reparto Covid 19 all'Ospedale San Donato di Milano, specialista in Pneumologia, donna in prima linea contro il virus.

"Bisogna capire cosa intendiamo per sanità. Se per sanità intendiamo medici e operatori sanitari, infermieri e tutto il personale afferente a un ospedale, le strutture ospedaliere, direi che ne uscirà vincente. Ma non vincente perché siamo infallibili. Vincenti perché in una situazione di estrema necessità, con le possibilità che avevamo, con la drammatica situazione in cui ci siamo trovati, si è fatto fronte in qualche modo, e qualcosa si è fatto. La sanità prima che una scelta politica o ministeriale, o dell'assessore, è una comunità di persone che lavora. E sono le strutture che lavorano. Questa è la sanità. Gestite bene o gestite male, questo io non lo so e non voglio saperlo e non è il mio lavoro. Ma sicuramente la sanità si è comportata in maniera egregia con i mezzi che aveva. E con l'emergenza che ha dovuto affrontare. Il bilancio di questa situazione e troppo presto per poterlo stabilire adesso. Non si devono e non si possono fare i bilanci adesso. Dire che la Lombardia e più brava del Piemonte che è meno bravo del Veneto che è più bravo della Germania, non ha senso. Non lo ha perché non c'è un bravo o un cattivo: qui bisogna far fronte a una situazione a cui tutto il mondo era impreparato. Gli errori col senno del poi sono facili da valutare e io non entro nel merito della politica perché non è il mio lavoro. Una cosa sicuramente è mancata: il territorio. E di questo siamo tutti consapevoli. Nel momento in cui dovremmo riaprire - e dovremo riaprire - sarà inutile nascondersi dietro a un dito e posticipare per paura. Quello che dovremmo fare, forse, per evitare che ci si ritrovi in una situazione di difficoltà, è potenziare al massimo il territorio. Perché effettivamente il territorio può aiutarci molto, soprattutto adesso. Perché ora è vero che siamo ancora piuttosto impotenti, ma non come prima. Siamo più preparati, anche ad affrontare l'emergenza mentalmente, psicologicamente - anche se stanchi - e strutturalmente. Soprattutto sul territorio con le poche armi che abbiamo se riusciamo a tenere e gestire i pazienti meglio sul territorio, con una sorveglianza un po' più stretta e con delle terapie, ora che abbiamo delle basi un po' più solide, anche l'epidemia può avere un impatto sicuramente diverso. Lo screening a tappeto potrà aiutare ma fino a un certo punto; io non sono così convinta che un tampone a tutti serva. Serve sostanzialmente controllare chi deve entrare in un ospedale dove il rischio infettivo è estremo. Quindi questo ha senso. Tutti devono essere controllati prima di entrare in un ospedale. Se ovviamente c'è un nucleo familiare con una positività, va controllato il nucleo familiare, ovviamente il nucleo di lavoro stretto se la persona lavora a contatto con tanta gente. Questo può essere fatto, ma il tampone a tappeto non penso che faccia svoltare e non mi toglie il rischio. Ci devono aiutare le persone. Non può essere rimandato tutto a una scelta politica. Ogni persona deve prendersi carico della responsabilità della propria salute. Gli italiani in questo senso così come tutti i popoli del mondo, devono crescere e fare uno sforzo mentale nell'accettare il rischio potenziale di un contagio nel momento in cui ritorneremo lentamente alla vita. Perché non possiamo pensare di andare avanti così ancora per molto".

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