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Dal Covid 19 alla guerra: come cambiano le abitudini d'acquisto

Milano, 10 mag. (askanews) - La pandemia prima e il conflitto in Ucraina ora insieme all inflazione stanno modificando i comportamenti di acquisto dei consumatori. Rispondere efficacemente alla loro domanda, in un contesto instabile, è la sfida a cui in questi due anni sono state chiamate le aziende del largo consumo. Proprio per supportarle GS1 Italy, in ambito ECR e in collaborazione con IRI, ha organizzato il workshop online "Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock". L evento rientra nel progetto dell Optimal shelf availability che misura, analizza e propone soluzioni collaborative al fenomeno del cosiddetto "buco a scaffale". Siamo partiti proprio dalla sua analisi per capire cosa sta cambiando nel largo consumo: "A partire dal 2016 il trend che era partito da un valore del 4% ha iniziato a percorrere una linea decrescente - ci ha detto Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy - Questo trend decrescente però è stato bruscamente interrotto con tutto quello che è capitato nel 2020. Il 2021 ci ha rassicurato perchè ha misurato quel 3,5% che va a riprendere quel trend positivo di decrescita dell out of stock".

La misurazione economica del fuori stock sono le vendite perse, ovvero le vendite attese a punto vendita ma non realizzate per mancanza del prodotto a scaffale. Nel 2021 il tasso si è attestato al 4,7% riprendendo anche in questo caso il trend in calo pre-Covid. Ma quali segni ha lasciato la pandemia nei comportamenti d acquisto dei consumatori? "Sicuramente il fatto che il consumatore ha riallocato all interno della settimana i giorni in cui fare la spesa - ha spiegato Marco Colombo,

operations e product management director di IRI - Un secondo fattore che è lì per rimanere è quello dell ecommerce. E' cresciuto fortemente, adesso assiste a un momento di stallo o di leggera riduzione, ma ha acquisito una sua quota di mercato che è diventata importante perché entra nelle abitudini di acquisto consolidate dei consumatori".

Due lasciti che sembrano strutturali, in una situazione dove l home working è ancora la norma mentre sono venute meno le restrizioni all accesso ai punti vendita. Questo stesso contesto, invece, ha ridimensionato il fenomeno dei negozi di prossimità, punto di riferimento nel primo anno di pandemia, e riportato in crescita, sebbene sotto livelli pre-Covid, il comparto del fuori casa. Ma nei primi mesi del 2022 con l'irruzione della guerra all Ucraina come si sono mossi i consumatori?

"Un segnale che definirei istantaneo e legato alle prime settimane di guerra in Ucraina, seguite all invasione della Russia, sono che un principio di incetta si è letto in termini di out of stock. Questa incidenza è stata molto limitata nel tempo: è durata due settimane e poi è rientrata e non c è stato bisogno da parte della filiera di forzare il caricamento dei prodotti a scaffale".

Quello che invece sta impattando sulle scelte di acquisto dei consumatori sono le dinamiche inflattive, evidenti soprattutto in un comparto chiave come quello del food: "Lavorando a parità di referenze su un paniere definito di prodotto, stiamo parlando del 4,1% che però diventa 5,3% nel mercato della drogheria alimentare - ha proseguito Colombo - i prodotti alimentari hanno tendenzialmente un effetto inflattivo più alto rispetto a quello dell intero comparto del largo consumo".

E per il futuro di quanto è realistico pensare possano crescere i prezzi? "Credo - ha affermato - che difficilmente si arriverà a livelli a doppia cifra o a numeri come quelli di specifiche categorie merceologiche come la pasta, che è aumentata tra il 17 e il 20%. Ci si aspetta che i prezzi a un certo punto tenderanno a limitarsi e si fermeranno intorno ai 4-5 punti".

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