Solitudini e assenze: Anri Sala e Christian Frosi per la GAMeC
Bergamo, 23 lug. (askanews) - Un giradischi galleggia nello
spazio in assenza di gravità, su uno schermo flottante nel buio
della Sala delle Capriate nel Palazzo della Ragione a Bergamo. E'
l'installazione dell'artista Anri Sala che la GAMeC ha voluto
portare in città, aprendo ancora una volta l'antico edificio al
dialogo con il contemporaneo. Curata con la solita forza di
visione da Lorenzo Giusti e Sara Fumagalli, "Transfigured" è
un'esposizione che trascina lo spettatore in un'altra dimensione
che si scopre poi essere a sua volta molteplice. Il primo livello
è ovviamente quello narrativo dell'opera "Time No Longer", la
deriva del giradischi nello spazio che è resa ancora più evidente
dalla sospensione dello schermo rispetto al pavimento.
E poi la musica riprodotta: un movimento del "Quartet for the End
of Time" di Olivier Messiaen, scritto durante la prigionia in un
campo tedesco, in particolare l'assolo per clarinetto "The Abyss
of the Birds" composto dall'algerino Henri Akoka, commilitone e
compagno di prigionia di Messiaen. Un assolo che nel 1986
l'astronauta e sassofonista Ronald McNair aveva deciso di
registrare nello spazio, a bordo dello Shuttle Challenger, che
però si disintegrò pochi istanti dopo il lancio, con anche McNair
a bordo. Letta in questa prospettiva l'operazione artistica,
sonora e visuale di Anri Sala diventa una riflessione sconfinata
sulla fragilità e la solitudine, una testimonianza dal vuoto in
cui tutti noi ci troviamo ogni giorno a galleggiare.
E il vuoto, come assenza e come rinuncia, è elemento decisivo
anche della mostra "La stanza vuota", che Nicola Ricciardi ha
curato negli spazi museali tradizionali della GAMeC. Un viaggio
che ripercorre il lavoro di Christian Frosi che, dopo avere
ottenuto successo e riconoscimenti a inizio anni Duemila, decide,
nel 2012, di smettere di essere un artista: non produce, non
partecipa, si sottrae tenacemente al mondo e alla storia
dell'arte. Una scelta alla Bartleby, il celebre personaggio di
Herman Melville che ripeteva il suo "Preferirei di no", che in
qualche modo però appare, ovviamente con la lente deformante del
senno di poi, già inscritta in molti dei suoi lavori più celebri
ed effimeri, come la "Foam" del 2003, la nuvola di schiuma
presentata a Milano, ma anche nella scelta di materiali come la
crema da barba o la sabbia. Le stanze del museo di Bergamo sono
riempite dalle opere che raccontano e preservano memoria del
lavoro di Frosi artista, ma sono anche vuote, perché la sua
assenza si sente e si percepisce distintamente. Così come si
percepisce la qualità curatoriale e la coerenza del progetto che
Lorenzo Giusti continua, senza clamore né personalismi, a portare
avanti da anni.
(Leonardo Merlini)