Senza linea politica

Enrico Letta lancia l'allarme-nazismo? Pietro Senaldi: il Pd arroccato sulla linea gotica

Pietro Senaldi

Enrico Letta si candida a Siena per fare da argine «al ritorno strisciante del nazifascismo, un futuro al quale non si può  abbandonare l'Italia». Il segretario del Pd è fermo alla linea gotica. Chiede voti alla città del Monte dei Paschi ma non promette di tutelare correntisti e investitori dall'avidità di una classe politico-bancaria- rigorosamente a tessera Pd - che ha di fatto portato al fallimento del terzo istituto di credito italiano, costando, se va bene, una decina di miliardi solo ai contribuenti.

Il buontempone garantisce di impegnarsi contro i nazisti italiani. Ristretto programma, parafrasando all'inverso la fulminante battuta («vasto programma») con cui Charles De Gaulle rispose a chi lo esortava a lanciare una campagna per mettere al bando tutti gli imbecilli. Già, perché gli italiani non furono nazisti neppure nel 1941 e chi lancia un allarme SS oggi, anche se ha insegnato Scienze Politiche a Parigi finirebbe dritto nell'ampio recinto nel quale il padre della Quinta Repubblica francese confinava i politici di mezza tacca.

 

 

 

Beninteso, Letta non è il solo; è in cattiva compagnia. Fratoianni, i grillini, ciarpame vario non si sono fatti mancare l'occasione per denunciare rigurgiti fascisti dopo il video nel quale l'eurodeputato di Fdi Carlo Fidanza prendeva in giro uno stralunato commensale nostalgico mimando il saluto romano. La sinistra è così; quando non sa a che santo aggrapparsi, si attacca al Duce. Ma siccome ormai il fascismo è argomento inflazionato, poiché basta dichiarare di non guardare Piazzapulita per finire nella lista delle camicie nere, ecco che i progressisti sono passati direttamente a dare del nazista a chi non la pensa come loro. È così. Ieri Repubblica, che beninteso ormai i compagni ritengono un foglio di destra, per dire come stanno sciroccati da quelle parti, pubblicava un articolo titolato "La Milano neonazista", con tanto di nomi di uomini che non hanno mai avuto a che fare con croci uncinate e similari, dipinti invece come naziskin.

La vicenda è ancora più grottesca se si considera che a Milano oggi, tra gli altri, si sfidano tre candidati sindaci che hanno la falce e martello nel simbolo. A testimoniare che, se c'è un'emergenza estremista e autoritaria oggi nel capoluogo lombardo, come nel resto d'Italia, è quella comunista, e non certo nazista. Il senso del ridicolo impedisce da decenni al centrodestra di accusare il Pd di comunismo, anche se molti attuali esponenti e dirigenti democratici hanno avuto la tessera del Pci in tasca e l'ex segretario Bersani, in compagnia del ministro Speranza, che si candidò senza fortuna a succedergli, hanno fondato un partito che ricorda da vicino Rifondazione di Bertinotti, solo è un po' meno chic. Ma la ragionevolezza non può tradursi sempre in un modo per rimanere fregati. Se il Pd, non riuscendo a stare al passo con i tempi, torna agli slogan degli anni Settanta, forse è il caso di rinfacciargli le sue origini, che grondano sangue, soprusi e ingiustizie.

 

 

Un'ultima osservazione. Libero rischia una condanna per il titolo "Patata bollente", con il quale fotografammo cinque anni fa l'imbarazzante situazione nella quale si trovava la sindaca Raggi, tra ricche polizze vita intestatele a sua insaputa, assessori che la accusavano di relazioni clandestine e collaboratori che si vedevano triplicati gli stipendi dopo improvvise e mirabolanti promozioni. Quella era ironia, un'espressione non insultante, visto che in italiano ha sempre avuto l'univoco significato di rogna, problema. Nazista invece no. Accusare qualcuno di essere un nostalgico di Hitler significa insultarlo; se lo si fa pubblicando il suo nome sul giornale, si chiama diffamazione. Poiché la deriva è appena iniziata, è bene bloccarla subito. Chi non è nazista, non se lo faccia dare impunemente, perché quando la sinistra inizia con la delazione, vizio storico dei regimi comunisti, non si sa mai fin dove può arrivare.