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Bollette, la rivoluzione verde? Solo col portafoglio degli altri: come e perché gli italiani cambiano idea

Sandro Iacometti

utti ambientalisti, ma coi soldi degli altri. Nell'Italia dell'armiamoci e partite non poteva che finire così. Da anni non si parla d'altro che di transizione ecologica e svolta green, di economia circolare, di cambiamento climatico. È il mantra del XXI secolo, il tormentone dei salotti e delle trasmissioni televisive, il tema fisso di qualsiasi iniziativa culturale. Migliaia di convegni, di seminari, di libri. Valanghe di chiacchiere per spiegare che i ghiacciai si sciolgono, che il mare sale, che di qui a poco ci saranno cataclismi ed eventi naturali talmente violenti che al confronto quelli che hanno fatto estinguere i dinosauri sono roba da far sorridere. Qualcuno ha provato a dirci che la rivoluzione verde non sarà un pranzo di gala, che intere filiere industriali spariranno, che i lavoratori dovranno acquisire nuove competenze, che molti prodotti costeranno di più, che bisognerà ristrutturare le nostre case e buttare la nostra vecchia auto. 

 

Ma tra un venerdì in piazza con i seguaci di Greta e una domenica passata a pedalare nelle città finalmente libere dallo smog nessuno ci ha fatto troppo caso. Tutto è filato liscio finché non sono arrivate le maxi bollette. Certo, i guru dell'ambientalismo continuano a giurare che la svolta green non c'entra niente col caro -energia, che l'impennata dei prezzi è dovuta proprio all'eccessivo utilizzo dei combustibili fossili. Ma quegli aumenti percentuali a doppia cifra delle tariffe regolamentate, prima il 15, poi il 30 e ora si stima addirittura il 50 con il prossimo trimestre, devono essere stati più convincenti. Già, perché d'un tratto la fede ecologista degli italiani non sembra più così cieca. Per carità, la paura per i danni provocati dal cambiamento climatico non è sparita affatto. Ma accanto ad essa ora c'è pure quella per il portafogli, che potrebbe essere svuotato ben più velocemente dell'innalzamento della temperatura. 

A realizzare l'operazione verità, spazzando il campo dalla montagna di ipocrisia che ha finora animato il dibattito sulle sorti future del pianeta, ci hanno pensato il Censis e Assogestioni, con un'indagine volta a tastare il polso degli investitori sull'interesse per la finanza green. Il risultato è una boccata di sano e salutare realismo: l'80% degli italiani (esattamente Il 79,9%) ha paura del cambiamento climatico, in particolare dell'aumento superiore a un grado e mezzo della temperatura terrestre, con picchi dell'83,8% nel Nord-Est e dell'82,7% tra le donne. E fin qui non è una grossa novità. La sorpresa arriva quando si scopre fino a che punto il timore per il clima superi quello per le proprie finanze. Ebbene, il 73,9% degli intervistati per non inquinare non è disposto a percorrere soluzioni che facciano aumentare i prezzi di energia, beni e servizi. Anzi, il taglio del potere d'acquisto a causa dell'inflazione o la decrescita economica in cambio del green, afferma il rapporto, «sono spettri che inquietano». In sostanza, «la paura del cambiamento climatico non basta a far passare scelte che riducano il benessere individuale: se i combustibili fossili sono "maledetti" in via di principio, tuttavia non piacciono le alternative che generano una inflazione a trazione green». A questo bisogna aggiungere una grande confusione, che non aiuta. Ad ammettere di conoscere bene cosa siano il surriscaldamento globale e la sostenibilità è solo il 26,2% del campione. Stesso discorso per tutti i prodotti finanziari che adesso vanno tanto di moda e su cui si stanno buttando tutte le società: il 64,4% degli italiani non ha una buona conoscenza di cosa siano gli investimenti Esg (environmental, social and governance) né, tantomeno, quelli green. 

 

Assodato che l'ambiente è un vezzo poco compreso dai più, cerchiamo di capire meglio cosa sta succedendo in Italia. Basta sfogliare l'ultima analisi dell'Enea, che monitorizza periodicamente i consumi di energia e l'entità delle emissioni nocive per avere un'idea. Per quanto riguarda gli aumenti delle materie prime all'ingrosso nel terzo trimestre il gas (ieri salito in Europa a 144 euro/Mwh, sfiorando il massimo storico) ha registrato un +85% rispetto al secondo trimestre e un +430% sul 2020, mentre l'elettricità si è attestata rispettivamente a +67 e +194%. Incrementi che si sono riversati sulle bollette di famiglie e imprese, con balzi fino al 100% per il metano e fino al 50% per la luce. Ma l'energia, cara o no, pulita o no, serve. 

E serve ancora di più quando le cose vanno bene e l'economia è in crescita. È così che, malgrado i super rincari, i consumi sono aumentati del 7% rispetto allo stesso periodo del 2020. E le emissioni di Co2 sono salite del 4%, facendoci deviare significativamente dagli obiettivi previsti sulla decarbonizzazione. $ il classico cane che si morde la coda. Per essere più verdi tassiamo la produzione interna (i permessi di emissione di Co2), importiamo sempre più energia dall'estero, la paghiamo di più e alla fine inquiniamo di più, perché nel resto del mondo tutti continuano ad usare i combustibili fossili che noi (e la Ue, dove però si limitano i danni con carbone e nucleare) vogliamo eliminare. Il giochino funziona finché non ci infiliamo le mani in tasca e ci accorgiamo che i quattrini sono finiti.