Allarme a orologeria

Giorgia Meloni e il "fattore M": ecco perché l'antifascismo infinito è il cancro dell'Italia

Alberto Busacca

Dimenticatevi la guerra, l'emergenza gas e la pandemia. Lasciate perdere pure i soldi del Pnrr, gli sbarchi continui a Lampedusa, il caldo e la siccità. L'Italia, adesso, sembra avere un problema molto più urgente di cui occuparsi: il ritorno impetuoso del fascismo. È un po' uno scherzo della storia lanciare questo allarme proprio nell'anno del centenario della marcia su Roma. Eppure pare sia una cosa seria, molto seria, almeno a leggere i giornali di sinistra e ad ascoltare i politici progressisti. Ieri, per dire, la Stampa apriva con un titolo a tutta pagina: «Questa destra può governare?». E sotto: «La stampa estera: rischio futuro tetro coi neofascisti». Ma chi sarebbero i neofascisti? Quelli di Fratelli d'Italia, ovviamente. Così, all'interno, ecco l'immancabile paginata sul "Caso Meloni", con le preoccupazioni del New York Times («Il futuro è l'Italia, e non è roseo»), dell'Economist («Draghi, game over. Pronti per la destra?») e del Guardian («La Meloni è molto carismatica, può diventare il primo leader di estrema destra dopo Mussolini?»).

PARA-FASCISMO - Stessa musica, naturalmente, anche su Repubblica. Pure qui, domenica, è uscita la consueta paginata su Giorgia. Titolo (a dire la verità non nuovissimo): «Il passato che non passa. Quell'ombra nera mai fugata da Meloni». La tesi è sempre la stessa: dietro la leader di Fdi si aggirano personaggi inquietanti. Nel pezzo, però, Paolo Berizzi si è un po' fatto prendere la mano, tirando fuori un fantomatico «fattore "M"»: «"M" come Meloni. "M" come Mussolini». Già, può essere solo un caso questa maiuscola in comune? A sinistra credono di no (ma l'interessata non ha resistito a ribattere ironicamente su Facebook: «La lettera M è fascista, chi ha il cognome che inizia per M si rifà a Mussolini. Oddio, è un casino. E adesso che facciamo con il ministro Messa o col presidente Mattarella?!»).

 

 

E se il concetto non fosse abbastanza chiaro, a spiegarlo in modo ancora più esplicito arriva l'editoriale di Paolo Flores d'Arcais su MicroMega:«Il centenario della Marcia su Roma, che piombava l'Italia nel ribrezzo di un ventennio di dittatura, verrà celebrato tra tre mesi non sappiamo in che modo, ma sappiamo da chi: un governo ex-neo-filo-post-para fascista». Per scongiurare questa eventualità, ci sarebbe un solo modo: «Un cittadino democratico, se capisce la posta in gioco, che è di civiltà, come un secolo fa (e se non la capisce è perché non la vuole capire, dunque doppiamente colpevole) voterà anche chi gli fa disgusto, nausea, ribrezzo, pur di mantenere aperte le possibilità di continuare a lottare nel quadro della nostra Costituzione». Cioè: «Detesto Renzi e Calenda mi produce orticaria, e Conte grigissima mestizia, e Raggi e Di Battista conati, e tuttavia nel mio collegio uninominale voterò chiunque di loro, se troveranno l'accordo». Il Patto del Conato, vedremo se porterà bene...

Brevemente, leggiamo anche gli imperdibili interventi che ieri hanno fatto due politici. Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha festeggiato così il25 luglio: «Settantanove anni fa cadeva il regime fascista. Le ragioni dell'antifascismo ancora oggi sono valide. Nessuno spazio ai nostalgici e ai nipotini di Mussolini e di Hitler». E Matteo Lepore, sindaco di Bologna: «Francamente chi oggi mette in discussione Letta non sa di cosa parla e sarebbe ora di dire basta a questa idea della politica, perché abbiamo il fascismo alle porte e sarà il caso che ci si impegni in queste elezioni».

 

 

STESSO COPIONE - Ora, la domanda che a questo punto bisogna porsi è: ma davvero in Italia c'è un pericolo fascismo? La risposta è no, naturalmente. Lo dice chiaramente, tra gli altri, anche Emilio Gentile, uno degli storici più autorevoli in materia, in un libro del 2019: «Non credo che abbia alcun senso, né storico né politico, sostenere che oggi c'è un ritorno del fascismo in Italia, in Europa o nel resto del mondo». Per avere la conferma che questo allarme è un bluff, poi, basta notare che torna puntualmente ad ogni elezione. Già nel 1952, per dire, Palmiro Togliatti metteva in guardia sul rischio fascismo in caso di vittoria della Democrazia cristiana. Negli anni il copione si è ripetuto con puntualità, fino a coinvolgere Berlusconi, Salvini e ora la Meloni... insomma, questo antifascismo continuo e strumentale è un cancro di cui il nostro Paese non riesce a liberarsi. Paolo Mieli, un antifascista doc, a ottobre del 2021, dopo le elezioni amministrative segnate dall'inchiesta di FanPage sulla Lobby nera, si chiedeva: «Ci sarà un giorno in cui la sinistra riconoscerà all'avversario che può batterla di non essere un fascista? Mi avvertite la volta in cui chi si contrappone alla sinistra non è in qualche modo direttamente o indirettamente accusato di voler riproporre il fascismo? È capitato persino a Renzi... Ogni volta c'è il fascismo alle porte...». Già. E queste elezioni politiche non si annunciano diverse dalle altre...