L'analisi

Economia, la ripresa preoccupa i mercati: denaro caro più a lungo

Attilio Barbieri

L’Europa eviterà la recessione e rischia addirittura di fare meglio delle più rosee previsioni. L’Indice S&P Global Pmi Composito della produzione di Eurolandia a febbraio segna il quarto aumento mensile consecutivo. Nell’ultima rilevazione comunicata ieri è salito addirittura a 52,3 punti dai 50,3 di gennaio, la crescita più rilevante dallo scorso maggio. Certamente una buona notizia per il sistema produttivo che dimostra di funzionare egregiamente, nonostante la guerra nel cuore dell’Europa e l’inflazione.



Il rialzo di febbraio è stato guidato dalle attività dei servizi il cui indice è salito per il secondo mese consecutivo raggiungendo quota 53 dai 50,8 punti fatti segnare a gennaio. In questo caso si tratta della più forte espansione da giugno scorso. Meno forte l’espansione della produzione industriale che ha messo a segno un modesto incremento da 48,9 a 50,4 che rappresenta però la prima crescita da marzo scorso, quando hanno iniziato a farsi sentire gli effetti della guerra scatenata dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina.

 


A sostenere l’accelerazione sono stati diversi elementi: dall’aumento della domanda alla ripresa della catena di fornitura; dalla riduzione degli ordini inevasi al miglioramento generale delle aspettative. I dati, spiegano gli analisti di S&P Global, «descrivono un primo trimestre in fase di espansione, con l’occupazione in continua crescita». Nel frattempo, l'inflazione continua a rallentare, soprattutto nel settore manifatturiero visto il progressivo declino dei prezzi dell’energia. Sui mercati finanziari si respira invece un’altra aria. Le Borse europee hanno chiuso ieri tutte in calo. Milano è stata la peggiore. Pesa la conferma della numero uno della Bce Christine Lagarde sul prossimo aumento dei tassi di marzo. «Intendiamo alzarli di nuovo di 50 punti base a marzo», ha detto ieri nel corso di un’intervista a una televisione finlandese , «quello che verrà dopo dipenderà dai dati, dall’inflazione, dai costi del lavoro». A dicembre i tecnici della Bce prevedevano che il carovita scendesse al 2,4% soltanto nel 2025. «Vedremo a marzo», come verranno aggiornate le nuove stime, ha chiosato la Lagarde. Paradossalmente, a preoccupare i mercati è proprio la buona salute dell’economia. Non soltanto in Europa. Gli investitori considerano molto concretamente la possibilità che le banche centrali mantengano i tassi di interesse più alti a lungo per frenare l’inflazione, anche alla luce dei segnali di recupero nella produzione e nei servizi.