Qualcosa non torna

Papa Francesco da Fazio, "passata l'euforia cosa deve spiegare". Da chi arriva la più clamorosa delle accuse

C'è chi è rimasto perplesso dalle parole di Papa Francesco a Che tempo che fa: "passata l’euforia delle immagini e delle frasi", spiega Vito Mancuso sulla Stampa, è giunto il momento di "analizzare con pacatezza" le frasi del Pontefice, al di là di ogni ipocrisia. Il commento, proprio perché pacato e ben ponderato (e proveniente da un quotidiano non certo tacciabile di essere "anti-Bergoglio"), è durissimo. 

 

 

 



Al di là della condivisione di pensieri su "guerra come negazione della creazione", "campi libici come lager" o "trattamento spesso riservato ai migranti definito criminale" e i messaggi all'insegna del rispetto per la natura e la "Madre Terra", "c'è una parte che in me rimane perplessa", spiega Mancuso. Una perplessità che non riguarda né il fatto stesso che il Santo Padre abbia deciso di andare in tv né le domande mancanti di Fazio  (ad esempio, quella su pedofilia e abusi nella Chiesa, anche italiana), ma cinque dichiarazioni del Pontefice. Nell'ordine, che "l’aggressività non sia in sé sempre negativa; che i genitori debbano essere complici dei figli; che vi sia il diritto di essere perdonati; che il tatto sia il più importante dei nostri sensi; che Dio sia onnipotente nell’amore".

 

 

 

 

Il pensiero del Papa sull'aggressività "si colloca accanto ad altre simili, come quando disse che è lecito dare un pugno a chi insulta la madre, o quando diede egli stesso uno strattone a una donna che a San Pietro lo toccava un po’ troppo impetuosamente", nota l'opinionista del quotidiano torinese, secondo cui ai genitori spetta "piuttosto l’esercizio di una vicinanza amorevole che sia sempre in grado di rappresentare al contempo l’autorità". Altro che "complici", dunque: l'esatto opposto, al più "amichevoli". Altro spunto polemico: il "diritto" al perdono "suppone il 'dovere' di qualcun altro", per esempio "un padre a cui sia stato ucciso il figlio o la figlia avrebbe il dovere di perdonare l’assassino". Un fatto "inammissibile", secondo Mancuso, anche perché la società ha semmai non il dovere di perdonare, ma piuttosto "quello di punire i colpevoli secondo giustizia", mantenendo dunque "il perdono sempre e solo come grazia"

Infine il punto dirimente e più "pesante" delle critiche di Mancuso: Dio "onnipotente nell’amore". "Solo un gioco retorico per mantenere l’affermazione tradizionale. Basta però ragionare solo un po’ per comprenderne l’infondatezza, perché l’onnipotenza attribuita a Dio dalla tradizione è quella della potenza a livello fisico, quella che interviene nella storia innalzando, distruggendo, giudicando. Definire Dio 'onnipotente nell’amore' è solo un debole escamotage che lo colloca al livello di alcuni esseri umani che a loro volta sono 'onnipotenti nell’amore', si pensi, per esempio, a quanto sa compiere l’amore di certe madri per i figli. La logica a mio avviso richiede chiarezza: o onnipotente o non onnipotente, tertium non datur".