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"Schwa", la lettera che doveva includere e che invece divide

di Claudia Osmetti venerdì 24 febbraio 2023

2' di lettura

Schwa, schwa. Ma che c’azzecchi tu, schwa? Una “e” rovesciata nata sotto il sacro (si fa per dire) fine dell’inclusione e che invece ha finito per escludere tutti: noi che abbiamo sviluppato l’orticaria a ogni rigurgito di politicamente corretto, i lettori elettronici che vanno in tilt ogni volta che t’incontrano e, adesso, pure i poveri cristi coi dsa, ossia coi disturbi specifici dell’apprendimento, insomma: i dislessici, che già fanno fatica a leggere normalmente, figurati se sono costretti a strabuzzare gli occhi davanti a un segno grafico che non ha pronuncia e che mette in difficoltà anche chi divora romanzi senza intoppi. Schwa, schwa: ma che ci stai a fa’? In questi giorni, l’Università di Genova, si è impegnata a varare il protocollo del linguaggio inclusivo: sai quella serie di raccomandazioni e suggerimenti su come parlare, esprimersi o rivolgersi agli altri per evitare che si sentano in imbarazzo (e che poi, in verità, serve a evitare altro: ossia che dopo l’impaccio scatti pure una querelina per discriminazione)? Bisogna scegliere le locuzioni neutre, meglio la forma passiva e impersonale, viva sempre il doppio genere: ‘ste cose qua, viste e riviste.

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Non è il primo, l’ateneo ligure, che le mette nero su bianco in un capitolone di linee guida destinate ai dipendenti. Solo che, a Genova, si sono accorti di una cosa. Si sono accorti di te, schwa. Che funzioni no. E per par condicio il discorso vale anche per l’asterisco alla fine delle parole. Create solo confusione, tu e ‘sto benedetto (si fa ancora per dire) asterisco. Tanto per cominciare chi è affetto da un qualsivoglia disturbo dell’apprendimento (davanti a tutti i dislessici, che abbiamo impiegato anni per non trattare come studenti di Serie B: e finalmente l’abbiamo capito) che non sa come comportasi. Si blocca. Sta leggendo, magari a voce alta, e s’inceppa. Però, ecco: é che ci inceppammo anche noi. Perché lo sai qual è il tuo difetto principale, schwa? Non hai un suono. O meglio: tecnicamente ce l’hai, ma è impronunciabile. Una sorta di vocale intermedia, suggerita a mezza bocca che (spiegano in rete) deve essere «rilassata, ma non deformata e solo leggermente aperta». Qualsiasi cosa voglia dire oltre al fatto che sì, hai un segno grafico, ma ti manca tutto il resto. Sei poco pratica. Infatti (in seconda battuta) anche i lettori ottici, che sono computer e dovrebbero andare in automatico, non si raccapezzano. Sei nata per zompare sulle indicazioni di sesso, schwa: per non far sentire discriminato nessuno, per non etichettare nessuno, per non qualificare nessuno. E guarda un po’ come è finita. Al paradosso.

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