Colle

Mattarella delude la sinistra

Fausto Carioti

Sergio Mattarella parla molto di politica nel suo discorso di fine anno davanti alle alte cariche dello Stato: ministri, alti magistrati, grand commis, un corteggiatissimo Mario Draghi. Ma non è la politica che piace a chi, a sinistra, sperava che da lui uscisse una frase, una parola, un sospiro che autorizzasse a dire che il presidente della repubblica considera l’elezione diretta del premier un attentato alla democrazia. La politica che gli interessa è quella dei cambiamenti che gli italiani e gli europei stanno affrontando. Il nostro tempo, dice, «è affascinante, ma anche difficile, travagliato, per più aspetti drammatico». Ci sono due guerre, c’è il cambiamento climatico, ma c’è anche molto altro che si sta preparando, e fa dire al presidente della repubblica che siamo davanti a un «tornante della Storia», capace di provocare sconvolgimenti «ben superiori a quelli che si manifestarono con la prima rivoluzione industriale».

Fallisce così il tentativo avviato dalla sinistra lunedì, quando Ignazio La Russa aveva detto che la riforma disegnata dal governo ridimensiona i poteri che il capo dello Stato ha e la Costituzione non prevede. Elly Schlein era insorta: «La Russa ha gettato la maschera, la riforma è pericolosa perché indebolisce le prerogative del presidente della repubblica». Il solito progetto di ingaggiare Mattarella come “testimonial” del fronte contrario al premierato.Ma il capo dello Stato non cambia linea, lascia che della pratica si occupi il parlamento.

 

Parla invece delle nuove tecnologie, «tra cui spicca l’enorme potenziale dell’intelligenza artificiale». Un’innovazione che promette, tra le altre cose, di migliorare le diagnosi delle malattie. Ma finirà anche per «determinare l’automazione, almeno parziale, di ampia parte degli attuali posti di lavoro», e non si sa se i nuovi posti che creerà compenseranno quelli che andranno distrutti. L’intelligenza artificiale, prosegue Mattarella, può anche alterare (già lo fa), «in maniera difficilmente avvertibile, dichiarazioni, video, filmati, isolando frasi, rimontando abusivamente».

Tramite essa «è possibile produrre scenari virtuali apparentemente credibili, ma totalmente ingannevoli». Immaginiamo solo per un momento, dice il capo dello Stato, «applicando lo scenario descritto nel libro 1984 di George Orwell, cosa avrebbe potuto significare una distorsione nell’uso di queste tecnologie al servizio di una dittatura del Novecento».
 

GLI OLIGARCHI
Il potere di fare questo, avverte, oggi è «patrimonio esclusivo di poche grandi multinazionali» capaci di condizionare i mercati, «incluso quello che loro stesse definiscono “il mercato della politica”». Un pugno di «oligarchi di diversa estrazione», e il riferimento è ai Bezos, ai Musk e agli Zuckerberg , si sfidano nell’esplorazione sottomarina, in nuove missioni spaziali, nella messa a punto di costosissimi sistemi satellitari con implicazioni militari e nel controllo di piattaforme di comunicazione social, agendo sempre più spesso come veri e propri contropoteri». Anziché scendere nella baruffa del premierato, insomma, la prima carica dello Stato punta il dito su quello che alla democrazia e alle libertà possono fare Google, X, Facebook e un pugno di colossi che non elenca per nome, ma tutti conoscono. In gioco, avverte, «sono i presupposti della sovranità dei cittadini». Anche perché quegli stessi potentati economici non contribuiscono come dovrebbero al finanziamento degli Stati.

«Molti tra i detentori di grandi capitali del pianeta, persone e aziende, riescono ad eludere quasi integralmente gli obblighi fiscali». E questo anche per il fallimento di adottare la «global minum tax sulle imprese multinazionali». Il risultato è che «il modello culturale occidentale e particolarmente quello europeo», al quale si deve la democrazia, «appare sfidato». Eccola qui, allora, la sfida più importante dei prossimi anni: «Contrastare quel che può insidiare le nostre libertà». Prima di lui, dal palco della sala dei Corazzieri del Quirinale ha parlato La Russa, portando i saluti di Giorgia Meloni e del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, assenti a causa dell’influenza. Il presidente del Senato ha colto l’occasione per ribadire in pubblico la propria stima nei confronti di Mattarella, anche per il modo in cui «meritoriamente esercita» il ruolo «ambitissimo di rappresentante di tutti gli italiani». A cerimonia finita le due prime cariche dello Stato chiacchierano tra loro, col sorriso e davanti a tutti, come avviene in un Paese normale.