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Giovanna Botteri, il potere del sangue: "Che ruolo si è trovato a recitare Trump"

Claudio Brigliadori
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«Per Donald Trump la strada è tutta in discesa, il problema sarà capire cosa succederà sul fronte democratico». Giovanna Botteri non ha dubbi: l’agguato a colpi di fucile di sabato in Pennsylvania, concluso miracolosamente con il solo ferimento all’orecchio del candidato repubblicano alla Casa Bianca (e la morte dell’assalitore, Matthew Crooks), è il lasciapassare per la vittoria alle presidenziali del prossimo novembre. Dall’altra parte della barricata politica, invece, c’è un Joe Biden sempre più debole e nei sondaggi e fragile sua nella immagine, ancora più se paragonata alla straordinaria tempra dimostrata da Trump dopo lo sparo.

Ospite di Francesco Magnani a L’Aria che tira, su La7, la Botteri poi torna su un motivetto che piace tanto ai commentatori liberal de noartri: «È paradossale che il primario problema dell’aggressione a Trump sia il tema delle armi, suo cavallo di battaglia». In realtà, in questo caso il problema primario parrebbe un altro, cioè il clima avvelenato della campagna elettorale, ma per l’ex corrisponde Rai «non è stata violenza di matrice politica quella dell’attacco a Trump, perché l’inchiesta non ha provato nulla, anzi il ragazzo era iscritto ai Repubblicani. Il clima è congeniale a Trump». Congeniale, ma anche un tantino pericoloso a quanto pare.

 

In ogni caso, conclude la giornalista, «i sondaggi erano già favorevoli a Trump, con quest’immagine iconica di lui insanguinato, col pugno alzato, che sfida la vita e la morte protetto da Dio e con la bandiera americana dietro, ora può permettersi anche toni più pacati». Su questo riflette anche Furio Colombo: «Trump si è trovato a recitare un ruolo che non ha scelto in cui appare capace di un gesto di grandezza». Serviva il sangue per riconoscergli qualche merito?

 

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