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Vettel, saluti e inizi: anima bambina, cuore Ferrari

di Giulio Bucchi domenica 7 dicembre 2014

2' di lettura

E' emozionato, Sebastian Vettel. Lo si vede negli occhi, lo si legge nelle sue parole, lo si sente nella sua voce. Sono giorni intensi questi, momenti di passaggio che segnano la vita e la carriera di un pilota, nonché della persona. Prima l'assaggio vibrante della Ferrari, quindi l'addio commovente alla Red Bull. Ha un entusiasmo malinconico, come succede sempre di fronte a un cambiamento. C'è la curiosità e la sfida di una nuova avventura e la tristezza della separazione. Racconta di favole e leggende, confessa sogni e idoli, tradendo un'anima bambina in tutta la sua purezza e genuinità. Non è un caso che proprio la parola “bambino” sovvenga frequentemente nei suoi pensieri, associati al padre reale e al fratello maggiore acquisito, Michael, con cui vorrebbe condividere questo percorso parallelamente comune. Non può, così si rifugia nella nuova famiglia, dal caldo color rosso, cui non smette di esser grato. Rimanda all'infanzia forse e probabilmente anche perché ha trovato e scelto una nuova strada, dove camminare solo sulle proprie gambe. Non ci sono più le ali della scuderia del toro a proteggerlo, non c'è più un ambiente noto a crescerlo. Sebastian è diventato un pilota adulto e come tale ha deciso per il distacco, salutare e inevitabile. A Milton Keynes gli hanno regalato una statua taurina con quattro allori sul plinto, riconoscendo il suo impegno assoluto, che portava sulle spalle le ambizioni e i desideri di un gruppo. A Maranello dovrà farsi carico di analoghi oneri forte di un'amicizia da celebrare, quella con Schumacher, e di un gusto indimenticabile, quello del Cavallino Rampante. Passione e dedizione, il tedesco quattro volte campione del mondo lascia trasparire sussulti. Lo sguardo non mente: vive attimi unici, le sensazioni vengono definite magiche. Tra stupore e meraviglia respira atmosfere speciali e spera che l'idillio non venga spento, al di là delle difficoltà innegabili e incombenti. di Giulia Volponi  

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