Pallonate

Arrigo Sacchi la butta in politica: "Benito Mussolini lo sapeva benissimo". La frase che farà discutere

Giulio Bucchi

Un'intervista oltre il calcio. Arrigo Sacchi, uno degli allenatori più vincenti e iconici degli ultimi 40 anni, si racconta al Giornale partendo dalla tormentata esperienza in Nazionale, con l'amaro secondo posto a Usa 94 e la decisione di dimettersi due anni dopo. "Pentito? No questo non è vero. Le esperienze sono tutte importanti e questa è stata una grande esperienza ma difficile. Allenare una nazionale non è come allenare un club, non lavori tutti i giorni con i tuoi giocatori: la sensazione era quella di un eunuco in un harem di belle donne". Leggi anche: Bruno Vespa, colpo al cuore di Berlusconi. Gli porta in studio Sacchi, il Cav si scioglie C'è spazio anche per società e politica. "In Italia il calcio è esattamente lo specchio della vita e della storia del nostro Paese. Ho fatto fatica a far correre le mie squadre perché è dai tempi dei romani che noi corriamo all'indietro. L'unica volta che abbiamo vinto una guerra è perché abbiamo giocato in contropiede. Lì persi due zii, uno aveva 19 anni, l'altro 22: li mandavano allo sbaraglio. La Seconda guerra mondiale? Stessa cosa, sempre quell'idea di essere più furbi degli altri, di poter approfittare della situazione. Mussolini sapeva benissimo che non eravamo pronti per combattere una guerra, i generali lo avevano informato". E Silvio Berlusconi? "Berlusconi ha una grandezza naturale e io gli devo molto, soprattutto il fatto di aver sempre creduto in me quando avevo tutti contro". Prima del Mondiale americano, appena diventato premier, lo invitò a Palazzo Chigi: "Mi disse: Se vince questa la faccio ministro dello Sport. Gli risposi: Ma non esiste nemmeno il ministero dello Sport. E lui: Beh lo creiamo. Gli dissi. Dottore se la mia impresa è difficile la sua è impossibile. Perché l'italiano ha il senso della nazione ma non il senso dello Stato".