Profeta in patria

Novak Djokovic, il premier serbo "dichiara guerra" all'Australia: "Scandalosi, come un serial killer"

Lorenzo Pastuglia

"Novak Djokovic può tornare in Serbia a testa alta e guardare tutti negli occhi”. Le parole sono quelle del premier Aleksandar Vucic, arrivate dopo il decreto di espulsione del numero uno dall'Australia. Una decisione accolta come “grave affronto” dal suo Paese, quasi un sacrilegio per un supercampione che in Serbia è considerato un’icona. Tanto che negli anni scorsi un sondaggio aveva rivelato che nel caso di una sua candidatura alla presidenza della repubblica — il cui voto in Serbia è a suffragio universale — l'amato Nole vincerebbe agevolmente con un enorme distacco. Una decisione definita "scandalosa, politica, inaccettabile” dalla Serbia, proprio da Vucic, con Djokovic vessato e trattato alla stregua di un "assassino seriale”.

 

 

 

Anche la stampa serba in questi giorni, sulla scia delle emozioni e di quello che viene ritenuto un accanimento del mondo intero, non ha fatto mancare emozioni. Spingendosi fino a ricordare i raid aerei della Nato nella primavera 1999 contro il regime di Slobodan Milosevic, e quella che viene considerata una eccessiva severità del Tribunale dell'Aja nei confronti quasi esclusivamente dei criminali di guerra serbi e non invece di quelli croati, bosniaci o kosovari. Tuttavia Novak, scrivono ancora i media, ne uscirà ancora più forte, quasi da eroe, pronto a nuove battaglie eroiche, come quella combattuta fino alla fine a Melbourne.

 

 

 

Intanto Nole ha lasciato domenica Melbourne con i suoi allenatori alle 22:51 ora locale (le 12:51 in Italia), pronto a tornare nella sua Belgrado. E intanto anche la Francia gli ha voltato le spalle. Il padre di Djokovic aveva dato appuntamento proprio a Parigi, per il Roland Garros, ma il Governo transalpino chiederà a tutti i presenti, giocatori e pubblico compresi, di essere completamente vaccinati. Un bel guaio per il numero uno mondiale, se non cambierà idea da qui a fine maggio.