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Emmanuel Macron, la verità di Paolo Becchi sulla Francia: "Così ha massacrato l'Africa"

Gino Coala
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Per capire qualcosa di quello che sta succedendo in Africa e dell' emigrazione di massa da quel Continente bisogna anzitutto disintossicarsi da quello che scrivono quotidianamente i giornaloni o che pubblicano le case editrici del mainstream, e magari iniziare con la lettura di libro pubblicato di recente da Amazon e Youcanprint (sia come ebook che in cartaceo). L' autrice, Ilaria Bifarini, è una giovane studiosa, che si presenta come una «bocconiana redenta», già nota per un volume, Neoliberismo e manipolazione di massa (2017), che ha venduto on line migliaia di copie. Il suo nuovo libro, intitolato I coloni dell' austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa (2018) prosegue lo stesso percorso teorico critico nei confronti della dottrina neoliberista, affrontando in una ottica controcorrente il tema, oggi di grande attualità, delle migrazioni di massa. La tesi fondamentale è presto detta: togliamoci dalla testa la narrazione di comodo che fa risalire l' attuale sottosviluppo africano al passato coloniale. Questa tesi viene spesso oggi sostenuta per giustificare l' accoglienza incontrollata. Ma è falsa. La disgregazione degli imperi coloniali a partire dagli anni '50 ha prodotto la formazione di Stati nazionali indipendenti, i quali però non hanno avuto la possibilità di sviluppare le loro economie autonomamente perché sono stati impediti dal farlo: il colonialismo è stato così sostituito da qualcosa di ancora peggiore, una forma di postcolonialismo, incentrato sul controllo economico, che ha impedito alle economie locali di crescere e di svilupparsi. SVILUPPO TARGATO FMI Nonostante la raggiunta indipendenza infatti «le multinazionali e i poteri finanziari hanno presto addomesticato i rappresentanti della classe politica e delle élite locali hanno così creato una fatiscente borghesia nazionale che amministra il paese in rappresentanza e in difesa di interessi esteri» (p. 85). Il sistema economico e la vita politica di questi Stati sono eterodiretti. Nonostante l' indipendenza, non hanno mai raggiunto una sostanziale sovranità politica ed economica. Un esempio concreto? Il franco delle colonie francesi africane, ora ancorato all' euro, resta sempre sotto il controllo delle autorità francesi, le quali determinano le politiche monetarie delle due più importanti banche centrali africane. Se il cambio fisso ha il vantaggio di annullare i rischi per gli investimenti delle multinazionali ciò avviene a scapito delle economie reali locali. È il franco CFA a costituire oggi un «ostacolo insormontabile per la crescita e lo sviluppo delle ex colonie, che andrebbe rimosso» (p. 192). Un po' come l' euro per noi, verrebbe da aggiungere. La miseria dell' Africa, certo, non è stata provocata solo da questa moneta, ma dalle politiche neoliberiste imposte a partire dagli anni '80 dal Fmi e dalla Banca Mondiale. Queste politiche sono state sperimentate per la prima volta proprio in Africa, dopo aver imposto un modello di sviluppo che ha costretto i Paesi africani ad indebitarsi sempre di più e a entrare in quella spirale del debito che in anni più recenti anche noi abbiamo sperimentato. «I paesi africani sono stati investiti dalle dinamiche spregiudicate del libero mercato internazionale senza una preventiva protezione del settore industriale e agricolo, costretti da un lato ad acquistare beni manifatturieri e macchinari a prezzi sempre più cari, dall' altro a vendere le proprie materie prime sempre più a buon mercato. Per conquistare i mercati esteri hanno favorito lo sviluppo delle coltivazioni d' esportazione a scapito dell' autosussistenza, producendo esclusivamente per il mercato estero e non per il consumo locale. Paradossalmente, la fame in Africa non è causata dalla mancanza di risorse, bensì dalla loro esportazione: si esporta la produzione invece di consumarla» (p. 76). E tutto quello che si riusciva a guadagnare attraverso l' esportazione è stato destinato a pagare il debito estero, alimentando un circolo vizioso che ha provocato miseria e povertà crescente. QUESTIONE DEMOGRAFICA A ciò si aggiunga un fenomeno demografico singolare. Di solito ogni popolazione passa da una situazione iniziale di alta mortalità e di alta fecondità ad una condizione di scarsa mortalità e bassa fecondità. Nell' Africa subsahariana la mortalità è sì diminuita, ma il tasso di fecondità continua ad essere il più elevato del mondo. Negli anni Sessanta la popolazione africana era circa di 300 milioni, oggi è di 1,2 miliardi, nel 2050, se non intervengono cambiamenti, sarà di circa 2, 5 miliardi. È del tutto evidente che il Continente nero avrebbe bisogno di politiche economiche e sociali orientate alla qualificazione della forza lavoro e di un' adeguata politica del controllo delle nascite. Invece si incentiva la popolazione giovanile locale ad abbandonare i propri Paesi e a continuare a fare più figli trasferendosi in Europa. Non sono profughi (se non in minima parte) che fuggono da guerre, ma in larga parte migranti economici alla ricerca di quelle condizioni di lavoro che non riescono a trovare nel Continente africano a causa delle nefaste politiche economiche neoliberiste che hanno aumentato le diseguaglianze e messo a repentaglio qualsiasi sviluppo interno. Vengono in Europa, non i più poveri, ma quelli disposti persino ad indebitarsi accentando prestiti e crediti offerti dalle Ong (qualche spunto al riguardo a p. 39-40), nell' illusione di poter trovare qui quello che non trovano nel loro Paese. Ma l' Europa oggi si trova in grosse difficoltà proprio per quelle stesse politiche economiche e monetarie che hanno sinora condannato l' Africa ad una stagnazione permanente. Le grandi migrazioni, in fondo, oggi danneggiano tanto l' Africa quanto l' Europa e gli unici a guadagnarci sono le élite globaliste, i grandi uomini d' affari, gli speculatori della finanza alla Soros, che dopo aver spremuto l' Africa come un limone si dedicano ora, per dare il colpo di grazia anche all' Europa, al grande business delle Ong. di Paolo Becchi

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