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Rai, la rivolta dei dirigenti per i tagli di Renzi

Ignazio Stagno
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Matteo Renzi prova mettere le mani in tasca a viale Mazzini. Il premier è stato chiaro: "La Rai dovrà contribuire al risanamento dei conti pubblici". Affondo, parata e risposta. Nei corridoi della Rai, però, la pletora di dirigenti ad alto reddito prepara le contromosse, i ricorsi e le carte bollate e confida che anche questa volta l'assalto al fortino delle retribuzioni d'oro sfumerà nell'evanescenza del fattore annuncio. "La Rai è chiamata a concorrere al risanamento con tutti gli altri, con un contributo di 150 milioni di euro annuncia il premier", spiegando che il Consiglio dei ministri ha "autorizzato la Rai a vendere, se lo vorrà, Rai Way e ha autorizzato a riorganizzare le sedi regionali". "La valutazione la farà la Rai - aggiunge Renzi - ma non è invece nella possibilità della Rai stabilire se partecipare o no al risanamento. Parteciperà con 150 milioni di euro. Il come lo deciderà il Cda della Rai". Rivolta dei dirigenti - Il punto più duro è quello sulle retribuzioni dei dirigenti. Renzi a precisa domanda risponde che la sforbiciata riguarda "i dirigenti non gli artisti". E così è scoppiata la rivolta dei burocrati di viale Mazzini. Secondo voci interne all'azienda in molti sono già pronti a imbracciare le armi legali, a invocare profili di illegittimità, a rivolgersi alla Corte Costituzionale o ai giudici del lavoro, rimarcando la natura "privatistica" dei loro contratti visto che la Rai - anche se in mano pubblica - è comunque una (anomala) società per azioni. Insomma dopo il muro contro muro con le toghe adesso tocca alla Rai. Renzi per ora abbaia. Vedremo se avrà il coraggio di mordere.   

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