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Effetto-Bertolaso, Meloni all'angolo: quella fronda dei "ventuno"

Andrea Tempestini
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«Fatevene una ragione, mentre voi parlate noi siamo già a lavoro per ricostruire Roma». È il tweet di Giorgia Meloni. Che ribadisce il sostegno a Guido Bertolaso, candidato proposto da Silvio Berlusconi alla carica di sindaco di Roma e accettato, dicono senza entusiasmo, dalla parte più destrorsa della coalizione. Interpretazione che Fratelli d'Italia smentisce. Però l'ex commissario della Protezione Civile deve sintonizzarsi un po' meglio con l'elettorato romano, che è tradizionalmente di destra. Uscite sul proprio passato democristiano o dichiarazioni compassionevoli sui campi nomadi si prestano a strumentalizzazioni. Meglio evitare. E ieri, in un incontro tra Meloni e Bertolaso (incorniciato dall'immancabile selfie) si è parlato anche di questo: come tarare la comunicazione dopo la partenza un po' incasinata del candidato. Che l'ex ministro della Gioventù ha intenzione di prendere per mano fino al giorno del voto: «Sarò la capolista di Fratelli d'Italia», faranno campagna elettorale insieme, assicura Giorgia, finché la gravidanza sarà compatibile con i suoi impegni pubblici. Ma c'è un altro parto che spaventa il centrodestra ed è in gestazione da più di nove mesi: i due processi che sono a carico dell'ex sottosegretario, uno dei quali potrebbe arrivare a sentenza (di primo grado) proprio a ridosso delle elezioni. Non è un handicap, giurano quelli di Fratelli d'Italia. Anche Matteo Salvini concorda. O almeno dice di concordare: «Quelli che hanno letto le carte processuali», spiega il leader leghista, «mi hanno detto che non c'è assolutamente niente. Io mi fido, Bertolaso è una bravissima persona, con dei processi in corso. E per questo», ammette Salvini, «finiremo per essere attaccati». Pazienza. Sui rom, però, il segretario del Carroccio non ammette cedimenti: «Non può dire che siano vessati, chiunque voglia governare con la Lega deve radere al suolo e chiudere i campi rom». Intanto, in Fratelli d'Italia esplode il caso dei 21 dirigenti che dissentono sulla scelta dell'ex uomo della Protezione civile. Denunciano «l'incredibile procedura con cui sono stati scelti i candidati sindaci del centrodestra in tutte le città e, in particolare, a Roma». Volevano le primarie e adesso sono pronti a sostenere la candidatura di Francesco Storace. Che succede? Niente, dicono in Fdi. Perché, spiega Marco Marsilio, «si tratta di “sedicenti” dirigenti del nostro movimento che, dal giorno dell'assemblea dei soci della Fondazione An, si sono posti contro e fuori del partito», scegliendo di «dare vita» ad Azione nazionale con «la benedizione e il patrocinio di Alemanno e Fini». Se i due vogliono sostenere Storace, conclude Marsilio, «lo facciano a viso aperto e senza nascondersi». Concetto ribadito anche dal cordinatore dell'esecutivo di FdI Giovanni Donzelli. Che precisa: «Di questi 21 solo tre sono romani». Francesco Storace accoglie con favore le nuove adesioni. Quelle provenienti da Fratelli d'Italia e non solo: «Se anche dal movimento di Salvini a Roma arrivano significative adesioni, ne prendo atto con grande soddisfazione e auspico che il centrodestra voglia ragionare sull'unica opzione di destra pronta a competere per la capitale». L'ex presidente della Regione Lazio aveva chiesto che la decisione sul candidato passasse attraverso le primarie. Non è stato ascoltato e allora ha deciso di essere in campo con la sua candidatura: « Non servono appelli a favore di un candidato sciagurato, ma serietà nel comprendere che un elettore di centrodestra fatica a scegliere tra candidati di sinistra». di Salvatore Dama

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