(Adnkronos) - Come ha evidenziato anche Filippo Bernocchi, gli indumenti usati rappresentano un potenziale inutilizzato che rimane nei nostri armadi o che impropriamente finisce in discarica. "L'obiettivo di Anci nella sottoscrizione degli accordi con i consorzi e' quello di dare innanzitutto uniformita' di trattamento, anche per i consorzi non sostenuti dagli ecocontributi, come avviene appunto per la frazione tessile, in modo da poter recuperare il piu' possibile di quanto viene gettato - afferma il delegato Anci Filippo Bernocchi - Se la raccolta viene fatta bene la frazione tessile ha ampi margini economici che coprono tutto il ciclo del prodotto perche' e' quasi del tutto recuperabile e in pratica si ripaga da sola. Questo si traduce in posti di lavoro, perche' la selezione va fatta a mano, e in benefici economici ed ambientali per l'intera collettivita"'. Secondo le stime del Conau presentate stamani, in valori assoluti il consumo annuo di abiti in Italia e' di 960 milioni di chili (1 kg = 3 capi), mentre la frazione tessile differenziata e' di 123 milioni di chili, pari al 12% del consumo. Dove finiscono le tonnellate che non vengono raccolte? In gran parte giacciono inutilizzate per molti anni negli armadi o finiscono nelle discariche con grave danno per l'ambiente e per i bilanci delle Amministrazioni pubbliche. La raccolta di 1 chilo di vestiti permette di ridurre l'emissione di CO2 di 3,6 kg, l'utilizzo di fertilizzanti di 0,3 kg, di pesticidi di 0,2 kg e il consumo di acqua di 6.000 litri. Il potenziale di raccolta della frazione tessile e' di almeno 300.000 tonnellate all'anno per un risparmio di oltre 45 milioni di euro nei costi di smaltimento rifiuti. Il costo di smaltimento dei rifiuti si aggira oggi tra 0,15 e 0,20/euro al chilo smaltito. Considerando la raccolta di abiti usati del 2012, una provincia di circa 160.000 abitanti avrebbe un potenziale di risparmio di circa 80.000 euro nei costi di smaltimento rifiuti solo nel corso di un anno. La selezione permetterebbe il 50 % di riutilizzo diretto degli indumenti, il 15 % in pezzame per l'industria, il 30 % di recupero materia prima e solo il 5 % rappresenterebbe lo scarto.




