Sono sempre più nere le ombre che incombono sul futuro di Stellantis in Italia, mentre il colosso dell’automotive spinge forte negli Usa. Se solo una settimana fa, la Fiom aveva lanciato l’allarme spiegando che dal 2020 al 2024 i dipendenti del colosso dell’automotive franco-italiano erano scesi di 9.656 unità, con una produzione che nello stesso periodo aveva perso in volumi 515.944 di auto. I sindacalisti della Fiom-Cgil avevano pure osservato che i veicoli commerciali avevano perso complessivamente volumi pari a 520.798 unità.
Nello specifico poi i dipendenti di Stellantis sono passati da 37.288 nel 2020 a 27.632 nel 2024, con la maggior parte delle uscite gestite su base volontaria che, secondo la Fiom, hanno comportato costi di ristrutturazioni enormi. Riguardo all’utilizzo degli ammortizzatori sociali in Stellantis, al primo settembre 2025 su 32.803 dipendenti, 20.233 sono in Cig e contratti di solidarietà, il 61,68%. A peggiorare le cose ieri sono arrivati pure i dati sulla produzione della Fim-Cisl che, secondo i loro calcoli, nei primi 9 mesi del 2024 son state realizzate 265.490 unità tra auto e veicoli commerciali, con un calo del 31,5% sullo stesso periodo del 2024. Per le vetture la flessione è del 36,3% (151.430 unità) e per i furgoni è del 23,9% (114.060). Tutte le fabbriche han registrato perdite tra il 17 e il 65%.
«Il 2025 chiuderà con una riduzione di un terzo dei volumi produttivi, ben peggiore di quanto previsto: poco più di 310mila unità, con le vetture sotto quota 200mila» ha affermato ieri il leader Fim, Ferdinando Uliano che considera cruciale l’incontro, fissato per il 20 ottoebre, con il nuovo amministratore delegato, Antonio Filosa.
Il top manager napoletano dovrà illustrare quali saranno le soluzioni per far risalire la produzione di veicoli nel Belpaese. «Il nostro obiettivo» ha sottolineato Uliano, «è garantire a ogni sito produttivo una prospettiva industriale e occupazionale certa, contrastando qualsiasi atto unilaterale, chiusura o licenziamento, e orientando la transizione tecnologica verso soluzioni concrete, condivise e socialmente sostenibili. Un obiettivo tutt’altro che scontato, alla luce dei livelli produttivi registrati sia nel 2024 sia quest’anno».
A complicare le cose è anche la decisione di sospendere l’investimento per la Gigafactory di Termoli, destinata alla produzione di batterie. «Ad oggi non abbiamo ricevuto alcun riscontro e temiamo che si tratti di uno stop definitivo» ha dichiarato il numero uno dei metalmeccanici Cisl che, ancora una volta, ha chiesto al governo di intervenire con forza perchè Stellantis confermi l’investimento. A questo punto Uliano chiede “un cambio di passo” della Ue e dell’esecutivo per l’automotive con maggiori risorse per il comparto. Timori sindacali anche sulla possibile vendita dell’Italdesign da parte di Audi (gruppo Volkswagen).
E se l’Italia corre sempre più velocemente verso l’allarme rosso per la situazione delle fabbriche lungo la Penisola, da Oltreoceano arrivano invece buone nuove. Che, però, certo non tranquillizzano i nostri lavoratori. Già perchè, secondo un’indiscrezione dell’agenzia di stampa internazionale Bloomberg, Stellantis potrebbe raddoppiare gli investimenti negli States, da 5 a 10 miliardi di dollari, già nei prossimi mesi. Del resto, lo scorso gennaio la Casa Bianca aveva salutato con un tweet la conferma da parte di Stellantis di un forte piano di interventi sul territorio americano. «Stellantis sta portando 1.500 posti di lavoro in Illinois, riaprendo Belvidere (Chicago) e investendo a Detroit, in Ohio e Indiana. La rinascita manifatturiera Usa è qui». Un annuncio cui è seguito un impegno importante del Gruppo per rimettere sul mercato modelli storici.